Quando lo smartphone è un bene di prima necessità
L’immigrazione è uno dei maggiori problemi del nostro secolo, ed è importante dare una mano a chi ha bisogno d'aiuto. C'è solo una cosa che stupisce: queste persone, che si suppone non abbiano niente, spesso e volentieri si vedono girare in città con il cellulare in mano.
Non semplici cellulari, ma smartphone anche parecchio costosi, ed è qui che ci si pone la domanda: come è possibile? Per rispondere chiediamo a due immigrati, Ali e Kamran. Sono entrambi afgani, il primo è arrivato a Trieste due anni fa, mentre l’altro solo da otto mesi. Entrambi sono scappati dai talebani e qui hanno il permesso di rimanere fino a quando non avranno il certificato come rifugiati. Alla domanda se hanno un cellulare, entrambi rispondono affermativamente e mostrano i loro smartphone. Chiediamo dove l'hanno comprato, e se ce l'avevano già prima di venire in Italia. Ali risponde che lui ce l'aveva già, mentre Kamran ne ha comprato uno nuovo qui. Ha risparmiato molto per poterselo permettere.
Per loro i cellulari sono molto importanti. Chiediamo il perché, considerando che mancano altri beni di prima necessità che sono molto più importanti. Ma per loro anche il cellulare è una prima necessità: è tutto ciò che ancora li lega alla loro famiglia e agli amici rimasti nella loro terra. È grazie al cellulare che possono comunicare con chi è rimasto nella loro terra natale, sia con le semplici telefonate che utilizzando i social network gratuiti, e quindi più convenienti, quali Facebook, Whattsapp e Skype, in uso in quasi tutte le parti del mondo, non sostenibili però dai vecchi cellulari.
Anche molti rifugiati economici la pensano così, dice Ehsan, un immigrato iraniano successivamente intervistato. Ha risparmiato i pochi soldi che aveva per comprarsi un portatile moderno. Ali chiama la famiglia due volte la settimana, mentre Kamran e Ehsan la chiamano ogni giorno: da ciò si può capire quanto sia fondamentale per loro la comunicazione.
Ali spiega che il cellulare non è fondamentale solo dopo essere arrivati a destinazione, ma anche durante il viaggio: è infatti l'unico modo per poter comunicare con altri familiari che hanno deciso di intraprendere il viaggio. Racconta di essere venuto qui con il fratello, ma che durante il loro arduo percorso si sono dovuti separare molte volte, e la comunicazione tramite telefono era l'unico modo per potersi ritrovare.
Infine c'è un'altra funzione. Lo smartphone è anche uno strumento per passare il tempo: fino a quando i migranti non ricevono la certificazione di rifugiati, non hanno molto da fare durante il giorno, a parte lezioni gratuite per imparare l’italiano o qualche attività di volontariato. Lo smartphone, con tutte le sue app, la musica gratis e Internet, permette loro di dimenticarsi un po' del tempo che passa, contrassegnato anche dal senso di solitudine per la lontananza dalle famiglie, la difficoltà di instaurare rapporti con i cittadini e la rassegnazione per la loro situazione.
Carolina Battelini
4G
Liceo Oberdan
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