Quegli incroci con i maiali selvatici

Le scelte fatte per evitare l’estinzione hanno prodotto una specie molto resistente
Lasorte Trieste 21/10/15 - Via di Peco, Borgo S.Sergio, Fattoria
Lasorte Trieste 21/10/15 - Via di Peco, Borgo S.Sergio, Fattoria
«Verso la fine dell'Ottocento i cinghiali erano quasi estinti nelle nostre zone. Esistevano solo delle colonie nella parte orientale della Slovenia, in Toscana e in Sardegna. Per reintrodurre questa specie sono stati fatti diversi incroci con cinghiali provenienti da ceppi diversi, fattore che ha reso quella triestina una specie molto, molto resistente». Il naturalista Nicola Bressi non ha dubbi. Studi scientifici parlano di un vero e proprio dna modificato nei cinghiali triestini in seguito all'incrocio con i maiali selvatici provenienti dall'allora Jugoslavia centrale, già di per se stessi mescolati con cinghiali dell'Europa centro-orientale (Germania e Cecoslovacchi i paesi più gettonati).


E poi c'è la storia più recente, quella degli anni Novanta, in cui vagonate di cinghiali arrivarono sull'altipiano carsico dal Centro Italia. I suini vennero rinchiusi inizialmente in un’area agricola adiacente alla cava Faccanoni, gestita prima dalla Sicat e poi dalla Fintour. L'uomo di riferimento era sempre uno però, Quirino Cardarelli, ex ufficiale dei corazzieri divenuto successivamente manager. La leggenda narra addirittura che quegli animali vennero regalati al Cardarelli niente meno che da un ex presidente della Repubblica: Giuseppe Saragat. In seguito ad un misterioso “incidente” (non si sa se voluto o meno), una trentina di cinghiali riuscì a scappare insediandosi liberamente nel Carso. «Quegli animali erano stati peraltro ibridati con i normali maiali: non a caso, normalmente, sono dicembre e gennaio i momenti migliori per gli accoppiamenti, mentre i nostri cinghiali sono praticamente sempre attivi, proprio per l'incrocio fatto con i maiali», aggiunge Bressi.


Ma i cinghiali hanno vita facile nelle nostre zone anche per altri motivi. In primis questi mammiferi non hanno quasi più degli antagonisti naturali. Lupi e linci sono specie rare se non rarissime nelle nostre zone. Di fatto l'unico predatore del cinghiale è proprio l'essere umano. E nonostante vi siano sanzioni che vanno dai 516 ai 2mila 65 euro con possibile arresto dai 2 ai 6 mesi per chi viene trovato a dar da mangiare a questi mammiferi, nelle nostre zone, grazie all'uomo, questi animali trovano agevolmente da mangiare. «Alcuni esemplari si recano con più o meno facilità nei campi e negli orti non protetti, altri invece vengono addirittura sfamati direttamente da persone che non hanno capito che questo comportamento è da evitare assolutamente», puntualizza Bressi.


L'ultima considerazione del naturalista riguarda il ruolo dei contadini: «Una volta c’era molta più fame di oggi. Chi abitava in Carso, se vedeva un cinghiale, non esitava a sparare per avere della carne da mettere sotto i denti. Ora le usanze sono cambiate». Loro, gli ungulati, ringraziano.
(r.t.)


Riproduzione riservata © Il Piccolo