Quei ricercatori stranieri ”intrappolati” alla Sissa

La storia dell’indiano Gaurav che non può ottenere il visto per partecipare a conferenze in giro per il mondo
Gaurav Narain è un giovane scienziato indiano della Sissa. Non vede la sua famiglia da circa tre anni perché il suo permesso di soggiorno gli è stato consegnato in ritardo. Era già scaduto. Non ha potuto partecipare neanche al matrimonio di sua sorella, negli Stati Uniti, dato che in assenza del permesso di soggiorno definitivo gli Stati Uniti gli hanno rifiutato il visto.


GLI STUDENT
I Gaurav Narain è solo uno dei circa 70 giovani scienziati in erba della Sissa (più o meno il 30 per cento) che hanno cittadinanze extracomunitaria. Selezionati a livello internazionale, provengono da circa una trentina di paesi extra Ue (fra cui Cina, Vietnam, Iran, India, Turchia, Russia, Colombia, Nuova Zelanda, Etiopia, ndr). Eppure, fuori dalle aule, diventano “cittadini di serie B”, in attesa di un permesso di soggiorno che molte volte arriva già scaduto. I rappresentanti degli studenti della Sissa hanno sollevato il caso anche a Roma, segnalando il problema senza, per ora, ricevere alcuna risposta.


IL PERMESSO
Una storia senza fine. Nicola Bassan, il rappresentante degli studenti della Sissa non usa mezzi termini: «I nostri colleghi, visto che ricevono i loro permessi di soggiorno con ritardi che possono arrivare fino ad un anno, si trovano in condizione di non poter richiedere visti per paesi terzi. Insomma, l’idea è che sono, sostanzialmente, intrappolati qui e non possono partecipare a convegni e conferenze, per presentare i propri risultati, oltre a trovarsi in difficoltà nel gestire le loro collaborazioni internazionali».


IL DOTTORATO
La Sissa, infatti, oltre ad avere una vocazione internazionale nei suoi atti fondativi, riceve ogni anno molte domande da giovani laureati e ricercatori di ogni parte del mondo grazie proprio alla qualità delle ricerche internazionali che svolge. Secondo Bassan, è «inevitabile che per mantenere l’alto livello di qualità, vengano selezionati, tramite un esame, i migliori fra coloro che presentano domanda e che ci sia un’alta percentuale (30 per cento) di extracomunitari che studiano e svolgono ricerche per il conseguimento del titolo di dottorato PhD».


IL PARADOSSO
Secondo Bassan, l’assurdità sta però nel fatto che spesso la formazione di uno studente ammesso al dottorato costa abbastanza all’Italia, e quindi dovrebbe essere proprio il paese a guadagnare nell’avere i migliori ricercatori al mondo. «Eppure è l’Italia che li forma e nello stesso tempo li ostacola in tutti i modi invece di trarre vantaggi dalla loro formazione – afferma il rappresentante degli studenti Sissa - solo pochi giorni fa è stata promulgata una legge che li obbligherà a pagare molto di più per l’ottenimento del permesso di soggiorno».


L’ITER I
n pratica, l’iter funziona in questo modo: il giovane dottorando, vincitore di un concorso internazionale, riceve una borsa di studio dallo stato per portare a termine le sue ricerche e il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca non manca mai di includere fra i criteri di valutazione degli atenei anche il potenziale di attrazione per gli studenti stranieri.


L’ATTIVITÀ
Ma se l’Italia ha attuato la direttiva europea sulla mobilità dei ricercatori (2005/71/CE), con la nuova procedura di rilascio facilitato dei permessi di soggiorno, per gli studenti di dottorato non è così (la direttiva e la procedura non si applicano in nessun caso agli studenti di dottorato). Eppure, una «parte essenziale delle attività di un dottorando sono la partecipazione a convegni, conferenze e congressi che si svolgono in ogni parte del mondo, oltre che le collaborazioni con altri ricercatori che seguono la stessa linea di ricerca».


L’APPELLO
Sono mesi che i rappresentanti Sissa stanno cercando di sollevare il problema nelle sedi competenti. Segnalando il problema senza, per ora, ricevere risposta. «Purtroppo, abbiamo constatato che nonostante la buona volontà dei responsabili locali, questi enormi ritardi non dipendono da loro – spiega il portavoce degli studenti -. Così abbiamo contattato a più riprese i rappresentanti del ministero dell’Università e della Ricerca che ci hanno rinviato per competenza al ministero dell’Interno. Abbiamo presentato inoltre una petizione al Parlamento per chiedere che vengano approvate norme per facilitare gli ottenimenti dei permessi di soggiorno ma, finora, non ci è ancora stata data risposta. Basterebbe attuare una procedura agevolata per il rilascio dei permessi di soggiorno per i dottorandi prevedendo, ad esempio, che lo stesso abbia una durata per l’intero programma di studi».
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