Quella dinastia dei Salvador che racconta i cantieri nautici

RONCHI DEI LEGIONARI. Quaranta anni fa, il 3 marzo 1976, si spegneva Armando Salvador. Era nato a Ronchi dei Legionari nel 1930 da una famiglia allora considerata della media borghesia. Il padre Guido, impiegato ai cantieri navali, la madre Ernesta, giovane casalinga di lontana origine slovena. Ebbe un’infanzia difficile, soprattutto a causa dello scoppio della guerra che gettò la famiglia in una profonda indigenza economica, stemperata solo dal sostegno occasionale dei parenti come lo zio Valentino (Dino) Salvador, affermato musicista. Partigiano a neanche 14 anni, si ritrovò a “combattere”, tra virgolette perché, secondo il suo racconto, pelava soprattutto patate, nell'altopiano di Aidussina, valle del Vipacco, non si sa se con reparti italiani o sloveni. Ma sicuramente comunisti, poiché quello era il suo ideale di gioventù. Gramsciano e antistalinista in età successiva, dopo essersi appassionato agli studi sulla seconda guerra mondiale, divenne profondamente critico dell’ideologia marxista della quale, in età più avanzata. Ateo ma non antireligioso, questa era la sua posizione sicuramente meno radicale di quella del figlio Mauro. Sposatosi nel 1955 con la giovanissima Maria Luisa ebbe tre figli: Mauro, appunto e due femmine, Liliana e Antonella, la più piccola che resterà per sempre “Pici” per i familiari. Nel 1965 iniziò la sua “avventura” di imprenditore, dapprima come arredatore navale all’allora Crda, collaborando all’allestimento di veri colossi del mare come l’Oceanic, in seguito come produttore di imbarcazioni da diporto in vetroresina tra cui le mitiche ombrine “Pici” dal soprannome ultimogenita, “Lilli” dedicata alla sorella Liliana e il motoscafo “Ulisse” in onore di un cagnolino. Infine nel 1976 la prematura scomparsa dopo una devastante malattia. Un dolore soprattutto per la giovane moglie Mariuccia, che dedicherà il resto della sua vita alla continuazione dell’opera del marito portando avanti il cantiere nautico Salvador. (lu.pe.)
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