Rapina con il coltello in una ricevitoria del lotto

Il giovane dopo aver sottratto mille euro è stato rincorso dal titolare e ha restituito parte del bottino
Un lungo coltello a serramanico puntato davanti alle sue vittime e lo sguardo nascosto dietro a un paio di occhiali a specchio. Così si è presentato ieri pomeriggio un uomo sui 35 anni, presumibilmente triestino, all’interno della ricevitoria del Lotto di via Marconi 4, a fianco dell’ufficio postale. Circa mille euro il bottino della sua rapina, conclusasi con una fuga che ha visto il marito della titolare della ricevitoria, il 70enne Giuseppe Di Miero, rincorrere il malvivente per un centinaio di metri, oltre via Giulia, fra le macchine, fino a via Piccolomini.


Qui il rapinatore, forse preso dal panico, ha riconsegnato parte del bottino a Di Miero, puntandogli sempre addosso il coltello, prima di svignarsela definitivamente verso viale XX settembre. L’episodio risale alle 16.30 di ieri. In quel momento nella ricevitoria si trovavano soltanto Di Miero, la moglie, e la madre di lei, M.B., di 93 anni. Il malvivente ha deciso di agire dopo aver scorto probabilmente dalla strada, oltre la vetrata, la sola figura della moglie del titolare dietro il bancone. Di Miero, infatti, era seminascosto dal bancone, a destra, poiché era chino sul giornale, mentre la suocera si trovava in un ufficio retrostante.


«È entrato di colpo - racconta la donna - e mi ha messo davanti alla faccia il coltello, intimandomi in dialetto triestino di consegnargli i soldi. Io gli ho dato una mazzetta di banconote da 10 e 20 euro, ma lui non si è arreso, voleva di più. Così, spaventata, ho tirato fuori un’altra mazzetta di taglio più grosso. Ha puntato il coltello anche contro mia madre, che nel frattempo era venuta a vedere che cosa stava succedendo». I coniugi Di Miero hanno descritto il rapinatore come «un uomo sui 35 anni, sul metro e settanta, capelli corti castani, occhiali a specchio, vestito con pantaloni e giacca jeans». Un dettaglio, però, ha colpito particolarmente la coppia: «Era pallido in viso - ricorda il marito della titolare della ricevitoria - come se fosse sofferente, senza forze e senza grinta. Forse si trattava di un tossicodipendente». Impegnato a tenere sotto controllo la donna che rovistava in cassa, il giovane a un certo punto si è trovato accanto Di Miero, che aveva fatto il giro del bancone e gli si era piazzato davanti all’uscita. «Continuava a puntarci quel coltello a serramanico - aggiunge Di Miero - mentre io lo minacciavo con una sedia tra le mani.


Quando è uscito ho cominciato a rincorrerlo e gli ho tirato dietro la sedia, ma penso di averlo mancato. Un passante che ha assistito alla scena, e che ringrazio per il suo senso civico, l’ha rincorso a sua volta con un ombrello in mano. Il rapinatore ha attraversato la strada (via Giulia, ndr) e si è diretto in una trasversale vicina (via Piccolomini, ndr). Lì il giovane si è fermato, inspiegabilmente, mentre io gli gridavo ”ridammi i soldi, ridammi i soldi”. Mi sono avvicinato a lui con circospezione. Teneva in una mano il coltello, rivolto contro di me, e nell’altra una mazzetta di soldi. Me l’ha consegnata e poi è scappato.


Credevo che mi avesse restituito tutto, invece era solo la mazzetta con le banconote da 10 e 20 euro: il grosso se l’è tenuto». Sul posto, per la ricostruzione dei fatti, sono intervenuti prima i poliziotti della questura e successivamente i carabinieri. «Questo è un episodio isolato per la zona, quantomeno negli ultimi anni», spiega un residente della via, Diego Musizza, all’interno del bar Marconi, che dista una ventina di metri dalla ricevitoria. «Da due anni a questa parte - fa notare Mario Bonicardi, il titolare del bar - se ne sono andati anche i lavavetri». Di Miero, però, reduce dal fatto di ieri, lancia un appello al Comune: «Questo è un punto potenzialmente disgraziato, perché siamo vicini all’ingresso del giardino pubblico.


Con tutti ’sti giovani disoccupati sarebbe buona cosa assumere altri vigili e farli girare di più nelle zone maggiormente delicate: la divisa resta sempre il migliore deterrente». Per la ricevitoria di via Marconi 4 si tratta della terza rapina in vent’anni. La seconda, eclatante, risale al ’97: un uomo allora 37enne, Vincenzo Steffè, aveva sparato un colpo di pistola sopra la testa di Di Miero. Steffè è morto nell’aprile scorso per probabile overdose, dieci giorni dopo essere uscito dal carcere: aveva appena finito di scontare la condanna per quel colpo a mano armata.

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