Redaelli sulla messa in latino fa insorgere i tradizionalisti

L’arcivescovo da giurista in diritto canonico tocca nell’ultima assemblea della Cei la questione della liturgia tridentina. E c’è chi lo accusa di un attacco a Ratzinger
Bumbaca Gorizia 03.12.2017 Inaugurazione nuova sede ANFFAS Brancati © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 03.12.2017 Inaugurazione nuova sede ANFFAS Brancati © Fotografia di Pierluigi Bumbaca



L’attenzione dei fedeli e di tutto il mondo cattolico, non solo in Italia, è concentrata in questi giorni sulla modifica nella formulazione del “Padre nostro” – che nella nuova versione approvata dalla Cei, se ratificata dalla Santa Sede, non vedrà più l’espressione “non ci indurre in tentazione” ma piuttosto “non abbandonarci alla tentazione” –, ma ha fatto molto discutere a Gorizia, nell’Isontino ma anche ben al di fuori dei confini della diocesi una presa di posizione che, secondo alcune voci più o meno confermate, avrebbe avuto per protagonista l’arcivescovo Carlo Maria Redaelli. Riguarda la liturgia tridentina, detta anche “messa in latino”.

Ecco che, secondo il blog Messainlatino.it, nel corso dell’ultima assemblea della Cei, a Roma, l’arcivescovo di Gorizia (Redaelli è un giurista, in quanto laureato in diritto canonico) avrebbe dichiarato che il motu proprio con il quale Benedetto XVI ripristinava la messa tridentina è invalido, in quanto la materia trattata è immutabile, già abolita da Paolo VI. Un tanto che ha scatenato la reazione dei tradizionalisti, con una ridda di polemiche e la notizia che ha iniziato a circolare in tutta la diocesi, nel resto d’Italia e anche all’estero, ripresa da altri siti di informazione vicini al mondo cattolico come ad esempio il tedesco Katolisches info.

Quello di Redaelli è stato interpretato come un vero e proprio attacco a Ratzinger, Papa emerito ancora vivente a cui dopo la rinuncia è subentrato Bergoglio diventato Papa Francesco, davanti a tutti i vescovi italiani riuniti a Roma. Sulle polemiche e il polverone sollevatosi su Gorizia (e non soltanto, come abbiamo detto) dopo la diffusione di queste indiscrezioni e ricostruzioni di quanto accaduto nell’assemblea della Cei non interviene la Curia, con l’addetto stampa della diocesi Mauro Ungaro che a proposito di quanto apparso sul web spiega: «Non commento quanto scrivono i blog, entro nel merito soltanto delle notizie». A chiarire la vicenda, smentendo la versione dei tradizionalisti, c’è la ricostruzione che arriva da fonti romane interne alla Cei, con un testimone della riunione che fa sapere come l’arcivescovo Carlo Maria Redaelli non avrebbe rivolto nessun attacco diretto a Ratzinger e al suo motu proprio, che non sarebbe stato giudicato invalido o illegittimo. Insomma, stando ai bene informati nel suo intervento pubblico riguardo la decisione di modificare il “Padre nostro”, Redaelli sarebbe tornato sulla questione della messa tridentina, esprimendo una posizione magari anche critica, ma non contrario.

Il vescovo di Gorizia, infatti, avrebbe manifestato piena disponibilità ad accogliere le richieste di chi intende celebrare la messa secondo il rito antico, pur ammettendo che per chi, come lui, è “figlio” del Concilio Vaticano II, il ripristino della liturgia tridentina appare difficile da comprendere. È probabile in ogni caso che negli ambienti cattolici la vicenda continui a far parlare di sé ancora a lungo, rinfocolando gli animi di chi guarda da posizioni opposte a cambiamenti e contrasti tra tradizione e modernità che da sempre hanno caratterizzato, in fondo, la Chiesa. —



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