Rifiuti, altro goriziano rimane ai domiciliari

Così come i fratelli bellunesi Remo e Alessio Dalla Santa, di 51 e 44 anni, resta ai domiciliari anche il 56enne goriziano Fiorenzo Giorgio Cammarata, in relazione all’indagine legata ad un ipotizzato traffico illecito di rifiuti, che era culminata nel marzo 2019 nel sequestro del capannone ex Bartolini di Mossa, a fronte di 6 arresti. Intanto i legali difensori preannunciano la possibilità del ricorso in Cassazione. L’ordinanza del Riesame, depositata lo scorso 23 giugno, ha dunque respinto i ricorsi presentati dai difensori, gli avvocati Antonio Prade e Massimo Montino, del Foro di Belluno, per i due bellunesi, nonché l’avvocato Alberto Tofful e Stefano Podlipnik, del Foro di Gorizia, per il goriziano. I legali avevano impugnato la misura cautelare domiciliare del Gip di Trieste, Massimo Tomassini, rispetto alla richiesta restrittiva in carcere da parte del pubblico ministero Antonio Miggiani, della Direzione distrettuale antimafia (Dda) del capoluogo regionale. Nessuna remissione in libertà, quindi, per ultime tre posizioni. Il Riesame aveva invece accolto i ricorsi nei confronti del goriziano Piero Pellizzon, 39 anni, rappresentato dall’avvocato Maurizio Rizzatto, e del gradese Giuliano Di Nardo, 48, difeso dall’avvocato Paolo Bevilacqua, entrambi proprietari del capannone dell’ex stabilimento Bartolini, mantenendo sempre ai domiciliari il 56enne Claudio Paoluzzi, sostenuto dall’avvocato Francesca Negro. A questo punto sono tornati in libertà solo i proprietari dell’ex Bartolini. Gli avvocati Prade e Montino hanno espresso l’intenzione di proporre ricorso in Cassazione, riserva prospettata anche dai legali Tofful e Podlipnik.
Le indagini risalgono al 2016, fino al blitz nell’ex Bartolini, a marzo 2019. Nel capannone erano stoccate centinaia di ecoballe. Da qui l’ipotesi di «discarica abusiva» e «deposito incontrollato di rifiuti». Nell’arco di oltre un anno le verifiche dei carabinieri di Gorizia, condotte dal Nucleo investigativo del Comando provinciale isontino, assieme al Ros e ai finanzieri del Gico triestino, nonché allo Scico di Roma, sotto il coordinamento della Dda, erano approdate ad una ben più ampia ipotesi d’accusa, per la quale erano state smaltite illecitamente circa 4.500 tonnellate di rifiuti speciali. Materiali essenzialmente provenienti da un impianto di recupero di una società del Bellunese e da un’area dismessa situata a Borovnica, in Slovenia, e quindi, sempre secondo l’accusa, stoccata nel capannone di Mossa, di due società con sede a Napoli e a Gorizia.—
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