Rilancio di Porto vecchio e difesa degli storici binari

Angoli dimenticati. Piccoli tesori lasciati ammuffire. Gioielli artistici e architettonici, che in molti pagherebbero per poter ammirare, ridotti a ruderi senza attenzioni né pubblico. Sono tante le...

Angoli dimenticati. Piccoli tesori lasciati ammuffire. Gioielli artistici e architettonici, che in molti pagherebbero per poter ammirare, ridotti a ruderi senza attenzioni né pubblico. Sono tante le ricchezze che Trieste, città spesso senza memoria, non solo non valorizza, ma rischia di perdere per sempre a causa di degrado e incuria. È dedicato proprio a queste “perle” più o meno sconosciute l’inchiesta del Piccolo sulla “Trieste da salvare”. Un viaggio nelle rimozioni, che non può che partire dal Porto vecchio: 60 ettari dimenticati per 60 anni, e che ora, tornati alla città, rischiano di veder cancellate la loro identità nel progetto riqualificazione urbana.

Il Porto vecchio corre infatti il pericolo di “deragliare” dagli storici binari. Una possibilità contro la quale scende in campo Italia Nostra di Trieste, che invita in questo senso a prendere esempio da Londra. «Il patrimonio storico, architettonico e ferroviario del Porto vecchio deve diventare risorsa economica e obiettivo di sviluppo come già avvenuto in altre città storiche portuali - afferma la presidente di Italia Nostra, Antonella Caroli -. A Londra, nell’area delle storiche stazioni di King's Cross e St Pancras, migliaia di persone attraversano ogni giorno ampi spazi pavimentati rigorosamente in pietra, nei quali sono stati conservati, accanto a storici magazzini, i tracciati ferroviari e le piattaforme girevoli, a testimonianza delle attività di interscambio delle merci legate alla strada ferrata. Un fascino irripetibile che celebra il carattere ferroviario dell’area». Il recupero di Porto vecchio insomma, a detta dell’associazione ambientalista, non può passare attraverso il seppellimento della rete ferroviaria storica, come rischia di accadere con la realizzazione dei 50 posti auto del parcheggio Bovedo. «In questi giorni, in molte zone d’Italia è stata celebrata l’XI Giornata nazionale delle ferrovie dimenticate. In questa ottica anche Trieste vuole mettere in luce e valorizzare la natura ferroviaria del Porto vecchio, dove in un’estesa area adiacente alla Stazione, dal Molo IV a Barcola Bovedo, sono visibili i numerosi binari che hanno consentito lo sviluppo dello scalo portuale sin dalla fondazione, come avvenuto a Fiume, assieme a Trieste tra i più importanti porti ferroviari», ricorda Caroli.

Del resto «i porti non potrebbero movimentare le merci e distribuirle sul territorio senza collegamenti ferroviari efficaci». É la storia a dimostrarlo. «A metà ’800 erano proprio le compagnie ferroviarie a costruire gli impianti portuali (vedi nel caso di Trieste la Suedbahn e la Compagnia delle strade ferrate francesi) - racconta la presidente di Italia Nostra -. Trieste è collegata a Vienna da ben 160 anni dalla ferrovia, attraverso i 577 chilometri della linea Meridionale o Suedbahn. Questo fondamentale asse ferroviario permise l’entrata della città e del porto nell’era moderna e mercantile, anche attraverso una qualificata e capillare rete di binari al servizio di moli, banchine, magazzini e piazzali, con un’estensione di oltre 40 chilometri».

Una rete unica a livello portuale. Dal valore inestimabile. Già servito dalla ferrovia Meridionale, dal 1887 il porto venne ulteriormente collegato al territorio da una seconda linea ferroviaria, detta della Val Rosandra, che attraverso le rive si collegava al Porto vecchio e allo scalo di Barcola Smistamento, dove esistono ancora la rimessa per la manutenzione delle locomotive e l’impianto per il rifornimento dell’acqua. Gli impianti ferroviari interni all’area portuale erano collegati alla stazione di Trieste Centrale attraverso due varchi: uno in prossimità del Magazzino 8 e uno vicino al Magazzino 26. I binari destinati al carico e allo scarico delle merci erano suddivisi in quattro allineamenti, disposti parallelamente alle rive portuali. Di questi, alcuni sono ancora utilizzati al servizio dell’Adriaterminal.

«In questa rete - proseguono da Italia Nostra - alcuni dispositivi ferroviari e scambi “sporgenti” sembrano essere “scomodi” o limitare interventi di sistemazione dell’area». E, infatti, nel progetto del parcheggio Bovedo, si prevede si smontarli e di conservarli in un magazzino. «Non si comprende perché a Trieste non si riesca a fare come in altre città o all’estero, dove le strutture ferroviarie sono state considerate indispensabili per la riqualificazione di siti storici» insiste Caroli citando la legge di salvaguardia 128 del 9 agosto 2017.

E quindi? «Nel recupero dell’area del Porto vecchio sarebbe importante conservare parte del tracciato storico ferrato, completo degli scambi utili e il cui armamento è ancora in ottime condizioni, per poter offrire un collegamento a scopo turistico e culturale - proseguono dall’associazione -. Collegamento che sarebbe anche al servizio degli utenti delle società nautiche e degli spazi destinati alla balneazione. Inoltre i binari sulla parte non inquinata del terrapieno di Barcola potrebbero essere sfruttati per attrezzare a fianco un parcheggio, destinato sia alle auto sia ai pullman turistici, realizzando così un punto di interscambio strada/ferrovia dal quale raggiungere il centro. Nulla vieterebbe poi di utilizzare in futuro non solo motrici ferroviarie di tipo storico, ma anche a trazione elettrica. Un servizio aggiunto di trasporto - conclude la presidente di Italia Nostra -, che invece di sacrificare la storia diventerebbe elemento di attrazione e sfruttamento di strutture esistenti».

1. - continua

Riproduzione riservata © Il Piccolo