Riscoperta sul Sabotino galleria di 322 metri

L’hanno risistemata gli speleologi del gruppo Seppenhofer. Oggi in Fondazione la presentazione del libro sulle esplorazioni nelle viscere della montagna

di Stefano Bizzi

Per il momento sul Monte Sabotino la “Galleria delle 8 cannoniere” è la più grande tra quelle conosciute e mappate, ma ce ne sono ancora diverse da esplorare e rilevare. Nel 1998 il Centro ricerche carsiche “Seppenhofer” ha avviato un lavoro di ricerca delle cavità naturali e artificiali presenti sul versante italiano, attività che si è allargata oltreconfine con l’ingresso della Slovenia all’Ue. Per la sua importanza strategico-militare, durante la Grande guerra il Sabotino fu protagonista dei combattimenti legati alla presa di Gorizia. Prima l’esercito austro-ungarico, poi quello italiano scavarono la roccia su entrambi i versanti. Ad oggi su quello italiano sono state rilevate 45 cavità artificiali, su quello sloveno 47. La “Galleria delle 8 cannoniere” si trova appena al di là del confine ed è stata la prima ad essere esplorata dal “Seppenhofer”. Maurizio Tavagnutti e Marco Menegini l’hanno descritta nei dettagli in un volume che presenteranno oggi alle 18.30 nella sala conferenze della Fondazione Carigo di via Carducci, 2.

Lo sviluppo planimetrico della galleria è di 322 metri e il dislivello è di 13,4 metri. La sua articolazione è una delle più complesse, ma per esplorarla basta munirsi di torcia. Per raggiungere la grotta si può utilizzare la strada che dalla Brda risale verso il Sabotino passando da Gonjace. Come sottolineato da Tavagnutti, l’ampio camminamento fu scavato ex-novo dai nostri soldati per posizionare le batterie da 105 mm. Le postazioni dei cannoni situate nella parte a nord sono rivolte in direzione del Monte Vodice, quelle centrali sono puntate verso il Monte Santo e quelle più meridionali verso il Monte San Gabriele. La galleria di collegamento presenta 4 imbocchi laterali per l’accesso alle postazioni dei cannoni. Si possono vedere ancora infissi nella parete gli anelli in ferro che servivano a far salire e scendere cannoni e munizioni. Oggi i cannoni non ci sono più, ma il viaggio vale in ogni caso la fatica.

Al loro posto rimane la vista che si apre sulla valle dell’Isonzo: affacciarsi sullo strapiombo del versante sloveno toglie semplicemente il fiato. «È curioso un fatto: nel primo dopoguerra tutta l’area fu dichiarata Zona sacra e divenne un museo all’aperto. Le gallerie erano state messe a posto ed era stata allestita anche una segnaletica per i turisti. Una volta tracciato il confine, la Jugoslavia ha però rimosso tutti i simboli italiani», ricorda Tavagnutti sottolineando che la rilevazione della Galleria è stata realizzata gratuitamente per conto di una cooperativa slovena nell’ambito del progetto “Parco della Pace” voluto dal governo di Lubiana. Il volume, finanziato dalla Fondazione Carigo, restituisce questo patrimonio all’Italia.

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