Ristoranti da gourmet lasciati senza insegne dalla Cciaa di Trieste

Grandi di “Pepenero Pepebianco”: «Ritardi ingiustificati Pensano solo a farci concorrenza con Expo Mittelschool»
Di Fabio Dorigo
Lasorte Trieste 17/02/2006 - Expo Mittel School - Prosciutto del Carso DOP
Lasorte Trieste 17/02/2006 - Expo Mittel School - Prosciutto del Carso DOP

Camera con “svista”. Impegnata a trasformare in ristorante (si spera gourmet) l’Expo Mittelschool di via San Nicolo 5, la Cciaa di Trieste si è dimenticata di rilasciare i certificati di qualità ottenuto ai locali che hanno superato l’esame dell’Isnart (Istituto nazionale ricerche turistiche). «Un ritardo ingiustificato» denuncia Michele Grandi, del ristorante Pepenero Pepebianco di via Rittmeyer a Trieste. Non si tratta, va precisato, dello sfogo di un momento. «Prima di scrivere al giornale ci siamo rivolti sia a voce che per iscritto alla Camera di commercio di Trieste, ovvero l’ente preposto al rilascio del marchio di qualità, ma senza successo» spiega Grandi. E, in assenza di una risposta, il ristoratore ha preso carta e penna e scritto alla rubrica “segnalazioni” de Il Piccolo.

«L’organismo certificatore della qualità Isnart di Roma, che certifica la ristorazione di qualità ai locali che vogliono classificare, in coordinamento con le camere di commercio provinciali, a seguito delle verifiche ispettive sulla tipologia ci ha qualificato come ristorante goumert già nel marzo 2011. Tale riconoscimento si concretizza con un’insegna recante il marchio di qualità che viene apposta all’esterno del locale certificato». Cosa che, a oltre un anno di distanza, non è mai avvenuta. PepeNero Pepebianco condivide a Trieste la qualifica di ristorante gourmet con la Locanda Gaudemus (Duino Aurisina), Al Bagatto (Trieste, via Cadorna). Chimera di Bacco (Trieste, via del Pane) e Trimalcione (Trieste, via della Guardia). Sono diventati, all’insaputa dei clienti (visto che mancano le insegne), i ristoranti triestini ambasciatori dell’”Ospitalità italiana” (quality approved).

Per raggiungere la qualifica (per la quale esiste anche un’apposita app) hanno dovuto sudare parecchio. Hanno dovuto garantire «un menu degustazione con preferibilmente piatti e ricette rielaborate e personalizzate, una carta dei vini con almeno 60 etichette organizzate per territorio di produzione, un ambiente accogliente e riservato (numero di coperti non superiore a 30), la presenza di un maitre e un sommelier, la presenza di una brigata di cucina composta da almeno 3 elementi (capo ai primi, capo ai secondi, capo pasticcere)».Un riconoscimento importante. «Per noi - continua il titolare di Pepenero Pepebianco - il rilascio del marchio non è un capriccio autoreferenziale, ma un supporto importante per la nostrattività dentro la quale impegniamo risorse, lavoro e fatiche a non finire». Da qui l’amarezza per il “ritardo ingiustificato” della Cciaa di Trieste. «Le Camere di commercio delle altre province italiane - racconta Grandi - hanno già provveduto alla consegna delle targhe alle imprese qualificate, ma non la Cciaa di Trieste. L’anno scorso abbiamo chiedo più volte notizie sulla consegna del marchio alle imprese triestine qualificatesi al referente locale della Cciaa per la certificazione Isnart. Ogni volta ci è stato riferito di misteriosi impasse in via di risoluzione».

E l’attesa continua. «Nel frattempo è passato un anno - spiega il ristoratore di Pepenero Pepebianco -. Pertanto in febbraio abbiamo sollecitato per iscritto il segretario generale della Cciaa, sulla questione senza nulla ottenere».

La morale della storia si scrive da sé dopo le ultime polemiche che hanno visto protagonista l’ente camerale e il mondo della ristorazione triestino. «Con la vicenda della gara di aggiudicazione dell’Expo Mittelschool, indetta dalla Cciaa - insiste Grandi - ci è stato francamente difficile non mettere le sue cose in relazione». E qui la segnalazione diventa una lettera aperta. «Caro presidente Antonio Paoletti, come ristoratori ci lascia oltremodo perplessi il fatto che un ente camerale si metta in concorrenza più o meno diretta con la categoria. Ma è intollerabile che una Camera di commercio ci impedisca di qualificarci come accaduto finora. Spero vorrà smentirci, non a parole ma con i fatti». Fatti, non parole. Il vecchio slogan pubblicitario della Rex. Si trattava però di elettrodomestici.

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