Saldi giù del 10% ma la colpa non è solo della crisi

Per i commercianti del centro la città ha perso l’attrattiva che un tempo esercitava sull’intero mandamento

Il malumore dei commercianti monfalconesi sullo stato della città è anche accentuato dal fatto che l'andamento dei saldi non è certo paragonabile al passato. Si calcola già un calo di vendite sul 10 per cento rispetto a un 2014 di per se stesso già deludente.

In sofferenza sono in particolare abbigliamento e calzature, ma le cause non vengono tutte attribuite alla crisi globale, perché la gran parte dei negozianti vi aggiunge un'altra aggravante: la perdita di identità di Monfalcone e la mancanza di frequentazione.

«I saldi sono sotto le aspettative - afferma una commerciante di calzature - ma si è diffusa ormai l'idea che a Monfalcone non è bello venire e non è sicuro». Le fanno eco da un noto negozio di abbigliamento del centro: «I clienti entrano e dicono che sono venuti espressamente per noi. Poi lasciano la città prima possibile perché non vedono motivo di fermarsi».

Silvia Armillotta, titolare di un negozio trend di moda, lo dice chiaro : «I saldi vanno lentamente, ma è ovvio, perché non c'è gente in giro, non c'è passaggio» e guarda sconsolata via Roma dove in ora di punta serale c'è solo qualche raro pedone.

Ma anche chi compera ha cambiato tipologia d'acquisto. Massimiliano Manente ha aperto lo scorso anno un negozio di scarpe anche a Monfalcone: «Ho sentito il contraccolpo negativo della chiusura recente di due attività del mio settore. Le loro svendite si sono ripercosse sul mio lavoro, segno che in questa città non c'è ricambio di clientela».

Clientela che è molto attenta: «Ormai - dice - si guarda a una scarpa di prima necessità, che sia comoda, calda, pratica che duri. Sempre di meno l'acquisto di calzature in più, per il piacere di avere diversi cambi». Così anche nell'abbigliamento i clienti guardano all'indispensabile e per quasi tutti i negozianti c'è anche la constatazione che il pubblico diventi sempre meno preparato, poco conoscitore dei prodotti, preferendo misurare le compere in termini di prezzo e funzione.

«Non è facile - osserva Franco Fabris dallo storico negozio di articoli per il bambino - e dobbiamo essere sempre più attenti ai nostri acquisti di merce, per limitare le giacenze».

«Noi abbiamo dovuto procedere con saldi del 50 per cento perché - aggiunge - di meno avrebbe avuto minore attrattiva e ci stiamo liberando delle scorte di magazzino che sono poi capi di questa stagione, andandoci a rimettere con questo sconto, ma non possiamo fare altro. Avere merce ferma è un lusso che non ci si può più permettere».

Tutti tornano però sullo stesso punto ovvero che se non c'è gente non si vende, e così si sono cercate altre vie di comunicazione, inviando email ai clienti fidelizzati, oppure procedendo a campagne di promozione sui social network come i negozianti di via Oberdan che già durante le festività natalizie si sono attivati su Facebook per un passa parola che è servito molto più delle criticabili iniziative e manifestazioni proposte dalla città a fine anno.

Così, inevitabilmente il discorso dei commercianti si sposta sulla mancanza di un vero progetto per Monfalcone, sulla povertà della sua immagine, sul suo declino che la parte pubblica non ha saputo contenere, e tanto sulla presenza degli extracomunitari in centro che ha portato all'allontanamento della clientela di fuori città, ma anche al disinnamoramento dei residenti che vi si muovono solo per la stretta necessità.

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