Il Sap di Trieste: "Malattia mentale se non trattata diventa materia giudiziaria"
La nota del segretario regionale del sindacato di Polizia Lorenzo Tamaro dopo gli sviluppi sul caso della morte di Giulia Bonin: "Necessaria l’obbligatorietà della terapia per chi non accetta la cura"

"La vicenda della tragica morte di Giulia Bonin a Trieste, ha riacceso il dibattito sulla salute mentale, argomento che il Sap di Trieste ha posto nel suo Congresso Provinciale di circa un anno fa", scrive il segretario regionale del sindacato di Polizia Lorenzo Tamaro.
"Lo scopo del dibattito - aggiunge - era infatti quello di accendere una luce e una prospettiva di quello che sta accadendo nelle nostre città, visto dalla parte degli operatori di Polizia. Sempre più spesso infatti le nostre pattuglie sono chiamate a intervenire, non solo a Trieste, ma anche nelle altre provincie del Friuli Venezia Giulia e d’Italia su persone che sono in evidente difficoltà psichica, stato di alterazione alcolica o sotto dell’effetto di sostanze stupefacenti.
Non mancano anche gli interventi presso i pronto soccorso e le strutture psichiatriche in ausilio al personale medico per contenere queste persone in stato di agitazione. Sono casi di persone che hanno bisogno di cure ed assistenza da parte di personale specializzato e che se lasciati soli o non seguiti rischiano di commettere dei reati, spesso gravi, ai danni delle persone creando un forte allarme sociale e mettendo a grave rischio la propria incolumità e quella delle loro vittime”.
Spesso, dunque, il caso da sanitario diventa giudiziario, con in mezzo il coinvolgimento della forza pubblica che rappresenta "l’ultima risorsa per cercare di arginare un problema che nessuno è riuscito a risolvere".
Tamaro cita il caso Meran, l’assassino che in Questura aveva ucciso gli agenti Rotta e Demenego, poi assolto perché riconosciuto incapace di intendere e volere.
"In quel caso - ripercorre il sindacalista del Sap - la sua famiglia nelle ore precedenti alla tragedia aveva chiesto aiuto per le sue condizioni psichiche senza trovare però una risposta adeguata in merito. Molti, se venissero trattati per tempo e in maniera adeguata come casi sanitari sotto il profilo psichico, non diventerebbero casi giudiziari. Riteniamo sia importante che venga riconosciuta la responsabilità giuridica di chi commette un reato anche se incapace di intendere e volere, con l’obbligatorietà di intraprendere un percorso curativo".
Ma ci sono molti altri casi meno conosciuti, dove l’epilogo dei fatti "è la conseguenza di allarmi inascoltati e/o di interventi che con il senno del poi si sono rivelati insufficienti e inefficaci".
"Non di minor importanza in termine di attenzione - rileva Tamaro - sono quei soggetti che fanno uso e abuso di alcol e droghe, che nel momento di alterazione commettono azioni che mettono in pericolo la sicurezza pubblica. Non vogliamo esprimerci sulla riforma Basaglia, spesso utilizzata come contenzioso politico, ma è chiaro che il sistema così com’è oggi non è in grado di fornire quelle risposte e quel supporto necessario né per i malati né per le loro famiglie: prime vittime perché spesso sono lasciate sole a doversi confrontare con un problema enorme e di difficile soluzione. Necessario – conclude Lorenzo Tamaro - che ci sia un’obbligatorietà della terapia per coloro che non accettano la cura.
Mancano sicuramente strutture e fra queste l’esempio concreto sono le “REMS” che proprio nel caso Meran, hanno dimostrato tutta la loro inadeguatezza e criticità".
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