Salvatore Borsellino: la mafia è un cancro difficile da estirpare
CORMONS
«Furono pezzi deviati dello Stato a uccidere, assieme alla mafia, mio fratello Paolo. Per questo dico che non basta la caduta di un capo del governo come Berlusconi, che esalta un mafioso conclamato come Vittorio Mangano al rango di “eroe”, a farmi pensare che la lotta alla mafia possa essere vinta: all’interno del sistema purtroppo permangono apparati difficili da estirpare». Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo ucciso da una strage che lui definisce «non solo di stampo mafioso, ma di Stato». Ha parlato per un’ora e mezza filata Borsellino, fondatore del movimento delle Agende Rosse. L’incontro, organizzato grazie all’impegno dell’associazione CulturaGlobale, è avvenuto a margine di una serie di convegni che Borsellino ha svolto ieri in regione: l’invito del Comune cormonese è arrivato dopo l’idea di intitolare il piazzale del polo scolastico ai giudici Falcone e Borsellino. «Paolo,nella mattina del 19 luglio del 92, poco prima di morire – ha spiegato Salvatore – scrisse in risposta a una lettera che gli avevano inviato degli studenti di Padova che “era ottimista”, nonostante avesse da poco scoperto che era arrivato a Palermo l’esplosivo che sarebbe servito per ucciderlo. Paolo sapeva che stava per morire ma nonostante ciò si diceva “ottimista”: solo dopo abbiamo capito perché. Il motivo stava proprio nel fatto che lui vedeva nei giovani la speranza, il futuro, la possibilità per il suo Paese di rinascere e sconfiggere la mafia». (m.f.)
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