Scala: «Modello Parma ripetibile Serietà e umiltà la base di tutto»

«Entusiasmo, serietà, umiltà e competenza». Parte da questi cardini la filosofia che anima la rinascita del Parma Calcio 1913. Una società che ha saputo lasciarsi alle spalle i disastri finanziari del recente passato culminati con il fallimento e costruirsi un nuovo futuro. Un’operazione nata dalla volontà di un gruppo di imprenditori locali capitanati da Guido Barilla, che hanno messo in campo risorse ed idee. Ma accanto a loro anche la forza di un’intera città, grazie al cosiddetto azionariato diffuso e la raccolta di finanziamenti dei tifosi che di fatto entrano nel capitale della società. A sottolineare con forza questi concetti è Nevio Scala, uomo simbolo degli anni d’oro del Parma calcio, che dalla panchina guidò gli emiliani prima in serie A e poi ai trionfi nelle coppe nazionali ed europee. Adesso la nuova missione con il ruolo di presidente di una società ripartita dalla serie D, ma sostenuta da oltre 10mila abbonati. «Stiamo vivendo un’esperienza straordinaria - racconta Scala -. Siamo partiti letteralmente da zero. Non avevamo nulla, nemmeno un ufficio dove lavorare. Ma ci ha guidato l’entusiasmo e la voglia di far ripartire non solo il calcio, ma una città intera».
Un modello che può essere un esempio. Anche a Trieste, dove da anni si stanno vivendo situazioni drammaticamente simili sul fronte societario a quelle che hanno portato al fallimento del Parma. È questo il senso del convegno promosso dal senatore triestino Pd Francesco Russo dal titolo “Trieste nel pallone: può il modello Parma riportare l’Unione nel calcio che conta?” in programma questo pomeriggio dalle 18 all’Hotel Savoia, al quale parteciperanno il vicepresidente del Parma Calcio Marco Ferrari, l’imprenditore Enrico Samer, il giornalista Paolo Condò che per primo, dalle pagine de Il Piccolo, ha provato a smuovere le agitate acque triestine, e il presidente del Centro di coordinamento dei Triestina Club, Sergio Marassi. Modererà il vicedirettore de Il Piccolo, Alberto Bollis. Così Russo alla vigilia: «Dare alla Triestina un futuro solido, pulito e ambizioso è molto più di una semplice operazione sportiva o economico - finanziaria: è una sfida, una straordinaria responsabilità a cui tutta la classe dirigente di Trieste ha il dovere di partecipare».
Dunque qual è la ricetta per ripartire con un calcio nuovo e pulito? «Bisogna puntare su persone serie e preparate, perché sono sempre gli uomini a fare la storia», evidenzia Scala, che non a caso si è affidato ai “suoi uomini” come Lorenzo Minotti, responsabile area tecnica, e Luigi Apolloni in panchina. «Un calcio sano è possibile, basta dimenticare i cattivi esempi che vediamo a ogni livello: io non chiedo risultati o vittorie, ma umiltà e serietà, che sono le qualità che poi ti portano lontano». Un modello che è possibile replicare anche a Trieste? «Assolutamente sì. A Trieste c’è una grande storia e una grande tradizione calcistica - continua Scala -. È chiaro che per poter partire servono le risorse economiche e la forza imprenditoriale, ma poi l’importante è che ognuno ricopra con competenza il proprio ruolo e faccia la propria parte. Compreso l’azionariato popolare che si fonda su regole ben precise e che fa in modo che la società sia di tutti e non dipenda dagli umori o dalla situazione economica di un singolo proprietario». Uno dei punti chiave è il settore giovanile: «È fondamentale puntare sui ragazzi del vivaio che devono rappresentare la città e il territorio ed essere animati dal senso di appartenenza - rileva Scala -. Serve lavorare sodo ma senza l’ansia da risultato: è più importante costruire che vincere». L’ultima volta che i destini di Scala e della Triestina si sono incrociati risale a più di 25 anni fa. Stagione 89/90, quella della storica promozione in serie A del Parma che venne a vincere in casa dell’Unione allenata da Massimo Giacomini subentrato in corsa a Marino Lombardo. «In campo sembravate in 16 mi disse a fine partita Giacomini - scherza Scala, che da giocatore militò nel grande Milan di Nereo Rocco -. A Trieste avete un stadio che porta il nome di un grande uomo. Un impianto che può diventare, come a Parma, un contenitore e un luogo di aggregazione per mostre, eventi e una serie di progetti concreti. Come dico sempre, per crescere e diventare grandi, non è importante raggiungere gli obiettivi, ma avere obiettivi da raggiungere».
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