Se il tatuaggio non piace all’azienda privata il posto è a rischio
Tatuaggi sì, tatuaggi no. Si tratta di un problema reale o di una forma di pregiudizio?
Il tatuaggio è da sempre considerato una specie di “carta d'identità” dell'individuo che sceglie di esporlo sul proprio corpo. Se questo è valido per civiltà diverse da quella occidentale, anche in Occidente ormai il tatuaggio è una forma di riconoscimento individuale.
Uno studio effettuato dall'Istituto Superiore di Sanità dimostra che in Italia il 12,8% della popolazione è tatuata.
Tuttavia, coloro che decidono di scrivere indelebilmente sulla propria pelle o decorarla con immagini e disegni i più fantasiosi, non sono sempre ben visti nel mondo del lavoro e nel contesto sociale.
Si tratta perciò di arretratezza del pensiero o di un vero impedimento per le relazioni interpersonali e/o per un contesto lavorativo?
Nella normativa italiana ed europea non esiste nessun articolo che vieti di avere dei tatuaggi sul proprio corpo, se non con l'eccezione di chi appartiene all'esercito, ai carabinieri, al corpo di polizia o alla finanza.
Ogni azienda privata però è libera di imporre un proprio regolamento in materia di aspetto fisico e decoro. Per i contratti pubblici invece non ci sono impedimenti, in quanto vi si accede grazie ad un concorso che testa solamente le capacità e le competenze dell'individuo, e non va acguardare se il candidato ha o meno un intero affresco sul suo corpo.
Si tratta perciò di una problematica di tipo sociale?
Ciò avviene maggiormente per l'evidente diversità di pensiero tra le vecchie e le nuove generazioni.
Le vecchie generazioni infatti percepiscono, nella maggior parte dei casi, un tatuaggio come una forma di poca affidabilità; mentre i giovani lo considerano come una forma espressiva con cui possono incidere sul proprio corpo eventi o persone da ricordare oppure solamente come un motivo ornamentale.
La vera domanda è quindi: la discriminazione in ambito lavorativo e sociale deriva puramente da pregiudizi?
Elisa Petenel
III BSU Liceo Sc. Umane
“Slataper”
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