Sentenza amianto, attesa infinita

Il presidente del Tribunale di Trieste Matteo Trotta: «Una priorità il deposito delle motivazioni, ma ci vuole ancora qualche mese». Iter complesso atteso dal 15 ottobre 2013
Uno striscione simbolo delle battaglie legali contro l'amianto
Uno striscione simbolo delle battaglie legali contro l'amianto

«La sentenza sulle vittime dell’amianto è una priorità assoluta, è un impegno che non intendo assolutamente disattendere. Sono consapevole dell’importanza della sentenza. Sarà depositata entro qualche mese, anche prima se mi sarà possibile. Tutte le parti processuali possono confidare nella giustizia». Matteo Trotta, presidente del Tribunale di Trieste, parla come giudice monocratico del processo monstre di Gorizia. Un anno e un mese fa ha pronunciato la sentenza di primo grado per la morte causata dall’esposizione all’amianto di 85 operai del cantiere di Monfalcone. Da allora nessuno, nè degli avvocati difensori, nè delle parti civili, ha avuto riscontro concreto attraverso la motivazione delle decisioni del giudice Trotta. E ora più tempo passa più si avvicina il rischio della prescrizione. Anche se, dopo la sentenza di primo grado, resta sempre - a fronte dell’eventualità della prescrizione - la strada del giudice civile ma solo nell’ipotesi in cui appunto la dichiarazione della prescrizione sia intervenuta prima della pronuncia della sentenza.

Il presidente del Tribunale di Trieste Matteo Trotta
Il presidente del Tribunale di Trieste Matteo Trotta

Il 15 ottobre 2013 il giudice Trotta aveva inflitto tredici condanne per omicidio colposo per una pena complessiva di 55 anni e 8 mesi. A Vittorio Fanfani, 93 anni, e Manlio Lippi, 90 anni, al vertice dell’Italcantieri, quelle più pesanti, 7 anni e mezzo di carcere. Seguono poi Giorgio Tupini, 90 anni, ex presidente dell’Italcantieri, 6 anni e 6 mesi. Enrico Bocchini, 90, già presidente del Cda, 6 anni e mesi. Mario Abbona, 90 anni, responsabile aziendale della sicurezza, 4 anni e mezzo. Corrado Antonini, 79 anni, ex direttore generale, 4 anni e 4 mesi. Antonio Zappi, 77 anni, vice direttore, 4 anni e 6 mesi. Aldo La Gioia, 85 anni, responsabile della produzione, 3 anni e 4 mesi. Roberto Schivi, 74 anni, direttore generale del personale, 2 anni e 8 mesi. Cesare Casini, 85 anni, vice direttore generale 2 anni e 6 mesi. Infine, due anni a Glauco Noulian, 89 anni, dirigente della sede centrale, a Italo Massenti, 84 anni, responsabile del settore acquisti e a Livio Minozzi, 67 anni, dirigente dell’ufficio personale. La posizione di La Goia sarà stralciata perchè nel frattempo è deceduto.

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«Priorità», ripete Trotta. Aggiunge: «Nessun diritto alla giustizia mancato». Poi sottolinea: «Per rispetto di tutte le parti processuali. Questo rispetto mi sta imponendo ritmi di lavoro serrati: devo contemperare l’impegno con l’incarico di presidente del Tribunale di Trieste. Sto facendo un lavoro immenso e molto complesso se si pensa che solo per l’elenco dei capi di imputazione sono state scritte ben 176 pagine».

Rileva: «Il compito è davvero notevole. È reso ancora più difficile dalle complesse tematiche da affrontare che non sono esclusivamente giuridiche».

Ma anche dalla mole degli atti processuali: oltre 20mila pagine, centinaia di faldoni.

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Racconta poi la storia di quella sentenza nata da undici processi paralleli. «Furono avviati - dice il giudice Trotta - dopo separati decreti emessi dal gup per plurimi omicidi colposi e lesioni colpose, reati tutti conseguiti a patologie correlate all’asbesto, aggravati dalle violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro in materia di tutela della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori esposti alle polveri d’amianto nel cantiere di Monfalcone». E ancora: «In quella circostanza era stato ritenuto che la riunione dei processi non avrebbe causato un ritardo nella loro definizione, ma che era funzionale a un’accelerazione dell’iter processuale. Questo in quanto l’istruttoria dibattimentale non aveva avuto ancora inizio in alcuni e in altri doveva essere necessariamente rinnovata. In molti processi era infatti cambiato il giudice e i difensori degli imputati non avevano acconsentito all’utilizzo delle prove assunte dal giudice precedente. Erano inoltre state considerate ragioni non certamente secondarie di economia processuale».

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