Serbia, aumentano i mercati delle pulci. E gli imprenditori si ribellano al “sommerso”

BELGRADO Erano diffusissimi nei tempi cupi di guerre e iperinflazione. Rimangono oggi un’opportunità per tanti, venditori e compratori, per sbarcare il lunario. E sono anche una delle colonne dell’economia, spesso sommersa. Vi si possono trovare, a volte comprando “in nero”, cianfrusaglie, vecchi mobili, vestiti, scarpe, cibo e medicine e pure prodotti di valore e pezzi di ricambio, ambiti da meccanici, elettricisti e operai. E il loro peso sul mercato – con danni per i distributori con le carte in regola – sarebbe in crescita, tanto da aver suggerito prese di posizione forti, appelli per maggiori controlli e pene draconiane.
I controlli sono quelli sui “buvljak”, gli enormi mercati delle pulci - autorizzati e non - tipici nei Balcani, che sono sotto i riflettori soprattutto in Serbia, dove sarebbero sempre più numerosi, ha rivelato fra i tanti il Vecernji Novosti, segnalando già in estate un aumento dei «mercati selvaggi nella capitale»: bazar talmente ingombranti da rendere difficile la circolazione. «Capisco che la gente deve guadagnare qualcosa, ma dove sono gli ispettori?», si è chiesta sconsolata una passante, citata dal giornale, interessato come altri al problema del fiorente «commercio illegale».
Ma quelli “spontanei” nati di recente a Belgrado sono solo la punta di un iceberg. Per capirlo basta fare un salto in quelli storici, come il mercato all’aperto a Novi Beograd, regolarizzato dalle autorità ma che ha mantenuto l’appellativo di “buvljak”; oppure a Zemun, Bubanj Potok o ancora a Pancevo, dove va in scena ogni fine settimana un gigantesco traffico, con chilometri e chilometri di oggetti di tutti i tipi. Pancevo e altri luoghi simili in tutto il Paese dove affluisce anche «roba importata illegalmente attraverso canali oscuri», ha confermato l’anno scorso Vera Despotović, alto consigliere del ministero del Commercio. A Pancevo «ogni giorno si muovono milioni» di dinari, «lì si approvvigionano molti negozi in Serbia», ha ricordato Radojka Nikolić, della rivista specializzata Ekonometar. Ed è questa l’altra faccia della medaglia, fatta di imprenditori “in nero” che non pagano tasse e riforniscono piccole imprese che cercano in particolare materiale elettrico e bombole di gas, prodotti costosi sul mercato “normale”.
Proprio i distributori regolari di questi prodotti hanno gettato le basi per quella che potrebbe trasformarsi in una imminente “guerra ai buvljak”. È quanto hanno chiesto i distributori di materiale elettrico, ma anche il colosso dei gas Messer: stanchi della concorrenza sleale e del «mercato illegale del propano-butano», ha svelato Dragan Pusara, alto funzionario responsabile della Commissione serba per le ispezioni, dopo una riunione dell’associazione imprenditoriale Slovenacki poslovni klub. Riunione in cui si sono sentite forti lamentele per le «enormi perdite» causate dalla concorrenza di alcuni mercati, in particolare quello autorizzato di Novi Beograd e di altre “buvlje pijace”, dove i prezzi sarebbero bassissimi grazie alle tasse evase.
Come reagire, dunque? L’idea cui si lavora è di “piani d’azione” con verifiche a tappeto e controlli entro l’anno. D’altronde il tema è serio e va oltre le immagini pittoresche in un Paese, la Serbia, dove l’economia grigia vale ancora almeno il 15% del Pil.
Malgrado i “buvljak” si moltiplichino in Serbia, il Paese ha registrato, secondo le autorità, un forte indebolimento dell’economia grigia negli ultimi cinque anni, scesa dal 21,2% del 2012 all’attuale 15,4% del Pil appunto. Il governo ha lanciato campagne per scoraggiare commercianti “furbetti” che non emettono scontrini e sensibilizzare la popolazione sul problema. Oggi, secondo un sondaggio dell’agenzia Naled, il 70% dei serbi ritiene che l’economia sommersa sia un male per il Paese e il 48% del campione interpellato ha assicurato di richiedere sempre lo scontrino dopo un acquisto.
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