Sergio Nordio, l’uomo del bello e cattivo tempo: "Previsioni perfette? Difficile qui da noi"

Il meteorologo dell’Arpa-Osmer Friuli Venezia Giulia è ormai una figura popolare anche nell’ambito sportivo: "La nostra regione è un territorio difficile, influenzato da Alpi Orientali, dal mare e anche dal Carso"
Sergio Nordio (Servizio Previsioni OSMER ARPA FVG) nel corso del laboratorio didattico che si è svolto a Marano Lagunare il 28 febbraio 2014
Sergio Nordio (Servizio Previsioni OSMER ARPA FVG) nel corso del laboratorio didattico che si è svolto a Marano Lagunare il 28 febbraio 2014

TRIESTE. C’era una volta il colonnello Edmondo Bernacca, quello della “nebbbia in Val Padana”. Professionale, sobrio e rassicurante come un vecchio zio che ogni sera entrava nelle case di milioni di italiani con “Che tempo fa?” Molto empatico, non riusiva a essere indigesto nemmeno quando annunciava piogge torrenziali per il fine settimana. «Bernacca per me è stato un vero mito. Divoravo i suoi libri», racconta Sergio Nordio, 54 anni, il più popolare tra i meteorologi dell’Arpa Osmer del Friuli Venezia Giulia. E’ dal ’95 che fa il brutto e il cattivo tempo, è proprio il caso di dirlo. «Siamo in tutto quattro previsori e si fa un grande lavoro di squadra, altrimenti sarebbe difficile stare dietro a tutti i cambiamenti».

Non mi dica adesso che già da bambino sognava di fare il meteorologo...

È proprio così, era il sogno della mia vita da quando avevo circa 5 anni, Forse perchè avevo un padre che lavorava come geometra all’Ispettorate della Forestale, lui mi ha trasmesso l’amore per la natura, tutto ciò che la riguarda mi ha sempre incuriosito. Gia alle elementari leggevo libri sul tempo, una passione. E non ho più smesso.

Quale percorso di studi ha seguto per diventare previsore

Un percorso non lineare. Ho preso il diploma di geometra a Udine. Siamo di origini triestine, ma all’epoca mio padre lavorava in Friuli e ci siamo trasferiti. Una scuola, quella per geometri, che ti dà ottime basi di fisica, matematica e geografia, quelle che servono per fare il mio lavoro. La strada più diretta sarebbe stata quella di entrare nell’Aeronautica militare, ma non faceva per me. Mi sono allora laureato in filosofia.

Scusi, ma non ha nulla da spartire con la meteorologia...

È vero, ma non c’era una facoltà ad hoc e mi piaceva anche la filosofia. Con la laurea in tasca ho cominciato il vero percorso formativo. Quando sono stato asssunto all’Ersa come geometra ho iniziato a frequentare tutti i corsi e seminari di meteorologia che c’erano in giro per l’Europa, soprattutto in Inghilterra. E poi bisogna fare tanta esperienza e gavetta. Nell’ambito della meteorologia ci sono i ricercatori puri e gli “operai” che lavorano sul quotidiano ed è quello che volevo diventare io.

Al di là di un’adeguata preparazione, che qualità bisogna avere per diventare un operaio della meteorologia?

L’umiltà di mettersi sempre in discussione. È necessario rivedere di continuo le proprie teorie, senza mai fissarsi su una previsione. Nel giro di sei ore può cambiare tutto, bisogna essere molto elastici. Il Friuli Venezia Giulia è un territorio complesso dal punto di vista meteorologico influenzato dalle Alpi Orentali, dal mare Adriatico e dal Carso.

Le tecnologie però saranno di grande aiuto?

Indubbiamente, hanno migliorato il nostro lavoro. Ricordo ancora quando io il capitano Badina e il povero Sandro Chersi, in occasione della Barcolana, studiavano l’evoluzione del tempo su mappe in bianco e nero. Altri tempi. Ma l’informatica non basta, poi c’è quello che le macchine non riescono a leggere e lì ci vuole l’esperienza del previsore.

Un lavoro impegnativo, com’è la sua giornata-tipo?

Io di solito mi alzo alle 5.30 e comincio a studiare le carte. Alle 11 facciamo una riunione e alle 13 emettiamo il bollettino giornaliero con eventuali aggiornamenti se ci sono cambiamenti. Di solito spengo il computer verso mezzanotte, ma per fortuna facciamo dei turni. Ci alterniamo.

Ma il meteorologo avverte la responsabilità di fare una previsione che può condizionare tante attività?

Eccome, se la avverto. Si convive con la paura di sbagliare, perchè c’è sempre un margine di errore, malgrado l’informatica. E in questa regione il rischio del meteorologo è ancora più alto. Per fare un esempio banale, basta che la Bora ritardi o anticipi il suo arrivo per far sballare tutto. E questo a volte succede. I cambiamenti sono continui e gli eventi intensi sono più frequenti, basti pensare che a fine febbraio abbiamo toccato i 26 gradi.

La fame di notizie sul tempo è in costante aumento, come lo spiega questo fenomeno, quasi un’ossessione...

La gente vorrebbe esercitare un maggior controllo sul tempo e vorrebbe più precisione sul meteo quando va in barca o va a fare una gita in montagna ma non avremo mai un controllo completo. Bisogna essere consapevoli dei rischi e accettarli. C’è un margine d’incertezza di circa il 20%. Anch’io che sono un appassionato di montagna o quando vado in bici so che malgrado le previsioni, quando sono in mezzo alla natura, posso prendermi la pioggia. Se non si accetta il rischio meglio restare a casa. Il meteo però ha il potere di condizionare non solo il nostro tempo libero ma l’economia, il turismo in particolare.

Le capita mai di venire rimproverato per strada dalla gente il giorno dopo aver sbagliato una previsione?

Capita molto spesso, anche quando non erano le mie. Ma le persone a volte fanno confusione, in realtà aveva consultato uno dei tanti siti ma poi mi incontrano e se la prendono con me.

Un lavoro, il suo, profondamente cambiato. In meglio ma anche in peggio per colpa della televisione. C’è un vecchio film quasi profetico “Quinto potere” di Sidney Lumet dove il telegiornale e anche le notizie del tempo diventano puro intrattenimento e il festival del grottesco. Ci siamo quasi...

Mi rendo conto che le televisioni fanno un grande sforzo per catturare l’attenzione e in effetti anche i notiziari a volte diventano uno show. La tivù segue uno stile e un modello americano.

È l’era anche delle meteorine, ragazze carine con abiti corti che con radiosi sorrisi ti annunciano anche eventi catastrofici...

È la scelta di rendere leggera una materia che non lo è, è anzi molto seria.

Ma questo non la disturba, non svilisce un po’ la vostra professione?

Purtroppo a volte viene svilita, è vero. Sono le tendenze, le mode.

Non solo amarezze ma anche tangibili riconoscimenti per il lavoro svolto in questi anni, come la partecipazione nel team di previsori ai mondiali di sci alpino di Cortina. Una bella soddisfazione...

Una bella esperienza vissuta con il mio collega Antonio Pucillo, anche se faticosa perchè c’era una visibilità scarsa sulle piste. In manifestazioni di questa portata si viaggia su due binari, uno è quello della modellistica, dei computer con scansioni a intervalli di sei ore e l’altro è sul campo, in pista. Conta essere sul posto per valutare la situazione in base alla propria esperienza. Previsioni quindi molto localizzate e difficili con tutte quelle nubi basse che ci hanno costretto ad alcuni rinvii. Sono abituato, comunque, a lavorare dentro eventi sportivi. Ero alle Universiadi e poi naturalmente c’è la Barcolana.

Un’ultima domanda, molto tecnica: che tempo avremo a Pasqua?

Troppo presto per fare una previsione, solo nel breve il grado di attendibilità è alto. L’inverno non è finito dopo questo esagerato anticipo della primavera. Meglio essere prudenti, se ne riparla più avanti... —

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