Sì agli alberghi e ai marina per super-yacht
La progettista Ondina Barduzzi spiega cosa si potrà fare e cosa no all’interno del grande comprensorio
«Non è importante che il Porto Vecchio ritorni alla città, anche se l’area resta demaniale e hai il regime di punto franco è alla fine l’unica chiave di volta per l’economia della città. Può diventare un volano economico con attività e indotto che cambieranno il volto urbano. Significa investimenti per il porto e posti di lavoro. So che c’è una fila di operatori e imprenditori che chiedono di poter investire».
Era dal 1954 che il Porto Vecchio (tranne qualche area come l’Adriaterminal) non vedeva una variante che ora c’è, il progetto porta la firma dell’ingegner Ondina Barduzzi, parla di «portualità allargata» e lo strumento diventa operativo con le intese tra Comune e Autorità portuale. Ed è la prima volta che viene approvata una variante con la legge 84 del 94 di riforma del sistema portuale. Non ci potranno essere condomini e appartamenti, nemmeno bretelle di attraversamento con il traffico che invade il Porto Vecchio. Ma molto altro sì. Marine e strutture per accogliere imbarcazioni, strutture per yacht e megayacht, cantieri di rimessaggio per le imbarcazioni da diporto, alberghi e foresterie legate all’attività dei marina e della portualità, istituti di formazione come il Nautico e di ricerca, l’Università con la facoltà di ingegneria navale, sedi direzionali, uffici. Anche attività turistico balneari, aree di partenze per traghetti passeggeri.
«Ma anche strutture di intrattenimento e perché no, anche discoteche nei marina e, approfittando dei punti franchi, duty free che vendono soprattutto prodotti della nautica – insiste la Barduzzi –. C’è l’area dell’Adriaterminal per esempio che, viste le gru, fa gola a chi ha interesse ad allestire internamente i mega-yacht da oltre 40 metri. Gli scafi vengono fabbricati all’estero, gli allestimenti però si fanno in Italia. Ci sono le banchine, i fondali giusti. E fa gola anche il regime di porto franco: armatori internazionali potrebbero arrivare via mare e partire via mare utilizzando strutture e lavoro senza pagare l’Iva. C’è una grande domanda nel settore che offre grandi ritorni economici».
Un’area di quasi 700 mila metri quadrati, oltre 1 milione di metri cubi a disposizione. «Con la variante del 54 in quell’area si poteva fare solo attività commerciale e portuale – spiega la progettista – con la nuova variante invece l’Autorità portuale può rilasciare concessioni demaniali anche per altre attività più generali. Nel giro di due mesi la variante sarà approvata definitivamente dalla Regione. Ma serviva anche la variante del Comune e un’intesa tra i due documenti. Il signor Rossi che investe in porto non ha bisogno solo della concessione demaniale che dà l'Autorità portuale, ma anche di quelle edilizie se deve ristrutturare un edificio per fare nuove attività. E le due varianti non devono contrastare».
Ora il percorso è a tappe forzate. Da una parte l’approvazione regionale, dall’altra il Comune dovrà approvare la sua variante adattata a quella portuale. «Per recuperare quegli edifici servirebbero oltre 500 milioni di euro – continua la Barduzzi – con l’apertura a nuove attività e insediamenti questi investimenti saranno possibili, molta gente arriverà da fuori e porterà lavoro e per la città sarà una chiave di volta dello sviluppo. Quei soldi ricavati con le tasse e le concessioni serviranno poi per gli investimenti in Porto Nuovo. Per questo alla fine non è importante che le aree tornino alla città, basta che si trasformino in volano di sviluppo economico. È sempre stato porto e che resti. C’è il problema del regime giuridico di porto franco, è difficile fare tutto. Ma non è detto che un domani non ci siano altre aperture. L’Authority sta lavorando su questo, ma è chiaro che finché non si riuscirà a spostare alcuni punti franchi su Fernetti o sulla piattaforma logistica non si potrà passare liberamente. In certe aree poi sarà conveniente mantenere questo regime. È davvero una grande opportunità per la città».
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