Si schianta e muore con l'ultraleggero
La vittima è Fabio Di Vincenz, monfalconese di 53 anni. L'incidente in fase di atterraggio sul campo di Mossa Volava su un veivolo in legno che aveva assemblato da solo

MOSSA L'ultraleggero sta sorvolando Mossa, paese di 1.600 anime alle porte di Gorizia. Sono le 11.20. Vira e si accinge ad atterrare nella vicina aviosuperficie. Improvvisamente assume quella che tecnicamente viene chiamata "posizione inusuale", verticale, quasi a coltello. Il pilota cerca di raddrizzare il velivolo. Non ha fortuna. La quota non è sufficiente per eseguire la manovra di recupero. L'ultraleggero si avvita su sé stesso e si schianta al suolo. Un tonfo sordo. Un'esplosione. Subito si leva in cielo una densa colonna di fumo. La si può vedere anche a distanza di chilometri, da Gorizia a Farra d'Isonzo.
È questo, nella ricostruzione dei testimoni, l'incidente costato la vita ieri mattina al monfalconese Fabio Di Vincenz, 53 anni, morto carbonizzato tra i resti del suo velivolo dopo essersi schiantato al suolo in un vigneto. Il luogo dello schianto si trova a meno di 500 metri da quello che, pomposamente, qualcuno definisce l'aeroporto di Mossa. In realtà, l'aviosuperficie è un campo in erba dove una settantina di appassionati iscritti all'Aeroclub "Volo Isonzo" coltiva la passione dell'aria.
Di Vincenz viveva a Monfalcone in via Monte Sei Busi ed era stato un socio dell'aeroclub isontino. Era decollato dalla pista della scuola di volo Fly&Joy di Premariacco per raggiungere due amici e colleghi ai quali voleva mostrare il suo amato ultraleggero "Asso 5": un velivolo veloce, con carrello retrattile, che lui stesso aveva assemblato e con cui aveva partecipato a numerosi raduni in tutta Italia. Descritto come un pilota attento e meticoloso, era orgoglioso di quel gioiellino. Lo curava come se fosse un figlio. Raggiunta Mossa, restava da eseguire soltanto l'atterraggio, ma qualcosa non è andato per il verso giusto. Forse un malore, forse un'avaria, forse una manovra azzardata a pochi metri dal suolo dopo un volo radente: cosa abbia causato l'incidente non è ancora chiaro. La magistratura ha posto sotto sequestro ciò che resta dell'aereo. Solo dopo un'accurata analisi dei rottami e l'autopsia del corpo si potrà conoscere la causa dello schianto.
L'aereo, stando alle testimonianze raccolte in loco, è piombato a terra quasi verticalmene. Prova è il fatto che soltanto due pali della vigna in cui è precipitato sono stati danneggiati. Subito dopo l'impatto si è scatenato un incendio. Per il cinquantatreenne impiegato alla centrale A2A di Monfalcone non c'è stato scampo. È morto carbonizzato. Il suo corpo è stato trovato in posizione fetale ancora allacciato a quello che rimaneva delle cinture di sicurezza. Dell'aereo (costruito in legno) è rimasto ben poco: soltanto qualche particolare del motore e del carrello retrattile. I frammenti si sono sparpagliati su un'area relativamente ridotta. Ai primi soccorritori giunti sul luogo dell'incidente non è rimasto altro da fare che prendere atto della morte del pilota. «Era un nostro socio. Era un pilota esperto e molto scrupoloso. Sono costernato. Non ho parole», non si dà pace Luciano Bittesini che dell'aeroclub di Mossa è il presidente. Sul posto, oltre ai vigili del fuoco di Gorizia, per i rilievi sono giunti gli esperti della scientifica. A coordinare le indagini è il sostituto procuratore della Repubblica Valentina Bossi. L'area dell'impatto è stata subito delimitata e i tanti curiosi allontanati.
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