Si schianta, poi rifiuta le analisi. Il giudice la assolve: è agofobica

Scattati il ritiro della patente e l’accusa per non aver fatto gli esami del sangue. Il gup: soffre di una patologia che la rende incapace di intendere e di volere
Un prelievo
Un prelievo

CERVIGNANO Era rimasta coinvolta in un incidente stradale, alla guida della propria vettura aveva tamponato il veicolo che la precedeva. Per la donna, residente a Cervignano, era seguito il ritiro della patente, nonché il successivo decreto di condanna per il rifiuto a sottoporsi agli accertamenti in ordine allo stato di ebbrezza alcolica e all’uso di sostanze stupefacenti.

Tutto era culminato nel processo con rito abbreviato davanti al gup del tribunale di Udine: la cervignanese è stata assolta perché affetta da agofobia. Il giudice Emanuele Lazzaro ha pronunciato la sentenza assolutoria perché «il fatto è stato commesso da persona non imputabile per vizio totale di mente».

La patologia sofferta dalla donna è tale da non renderla in grado di intendere e volere anche alla semplice prospettiva di sottoporsi a prelievi e iniezioni. La sola idea o la presenza di aghi, ha infatti spiegato il giudice, determina un’assoluta incapacità di intendere e volere, non permettendo di controllare gli impulsi ad agire e di rispondere in modo critico agli stimoli esterni. Fobia peraltro “sintomatica”, poiché assieme a un forte stato ansioso provoca problemi fisici, come tachicardia, ipotensione, nausea e lipotimia.

Non si tratta quindi di una semplice paura del sangue e degli aghi, come certificato dal medico curante della cervignanese, la psichiatra Sara Devescovi, che le ha diagnosticato la patologia.

Quel giorno, dunque, in seguito al tamponamento la cervignanese era stata trasferita all’ospedale di Palmanova per gli accertamenti sanitari. Non erano state rinvenute lesioni derivanti dal sinistro, ma quando era stata invitata a dare il proprio consenso in ordine alla verifica dello stato di ebbrezza alcolica e all’uso di sostanze psicotrope, la donna aveva rifiutato. Non voleva proprio essere sottoposta ai prelievi del sangue e aveva comunque spiegato il motivo derivato dal suo problema.

L’incidente stradale aveva comportato conseguenze sotto il profilo sanzionatorio, con il ritiro della patente. Ed era quindi scaturito il decreto di condanna in relazione al rifiuto di sottoporsi alle verifiche di legge. Decreto penale per il quale la donna, affidatasi all’avvocato Antonio Montanari, aveva deciso di fare opposizione con la richiesta di rito abbreviato.

Da qui, dunque, il procedimento preliminare in Camera di Consiglio. La difesa in udienza ha prodotto la certificazione medica attestante la patologia dell’agofobia; la dottoressa Devescovi ha infatti riconosciuto che la fobia sofferta dalla donna ha radici antecedenti al 2010. Un quadro preciso, quello diagnosticato dalla psichiatra, che oltre alla «paura irrazionale indotta dall’esposizione allo stimolo fobico» e alla «marcata reazione ansiosa», comporta ulteriori effetti sintomatici, appunto tachicardia, ipotensione, nausea e lipotimia.

L’avvocato Montanari, ritenendo che il fatto sia stato commesso da persona non imputabile, ha fatto riferimento a un «rifiuto originato da una forza maggiore», la fobia per gli aghi. Causa di forza maggiore che implica l’impossibilità di opporsi a stimoli esterni costringendo a compiere un’azione non voluta, ha argomentato il giudice che ha invece “qualificato” la patologia come vizio totale di mente, chiarendo anche la diretta correlazione tra la causa e l’effetto.

L’agofobia, ha infatti osservato il giudice, non è di per sè una patologia che comporta uno stato di infermità mentale permanente, manifestandosi solo nel momento in cui la donna viene esposta alla presenza degli aghi. Da qui il nesso tra la malattia e il rifiuto a sottoporsi ai prelievi del sangue, tanto che la cervignanese non aveva firmato il modulo relativo al consenso di effettuare gli accertamenti in ospedale. —


 

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