Slovenia, da oggi fermi anche i bus. La Serbia chiude i ristoranti alle 21

BELGRADO Restrizioni già severissime, nella vicina Slovenia, ora in via di irrigidimento anche per quanto riguarda gli attraversamenti confinari. Pugno di ferro pure in Montenegro e in Kosovo, mentre Croazia e Serbia, malgrado i record di decessi e i contagi oltre il livello di guardia, sembrano ancora privilegiare un approccio “alla svedese”. Rimane a macchia di leopardo la mappa delle misure restrittive anti-Covid nei vicini Balcani, dove l’epidemia continua a mordere in maniera pesante e diffusa, ma dove non tutte le leadership della regione scelgono la linea dura. Che è invece sicuramente la filosofia delle autorità della Slovenia, dove la curva dei contagi sembra segnare una relativa stabilizzazione se non un rallentamento dopo settimane di restrizioni, con 920 nuovi contagi ieri e altri 32 decessi, ma i casi attualmente positivi scesi a poco più di 19mila, dopo il picco di 23.455 del 4 novembre.
Numeri che, tuttavia, non permettono alcun rilassamento perché la curva può tornare a crescere in ogni momento, ha ammonito l’infettivologa Bojana Beović, numero uno del comitato di esperti che consiglia il governo durante l’emergenza. Ad arginare il rischio, le misure da lockdown vero e proprio decise la settimana scorsa dal governo Janša, che già venerdì ha vietato ogni assembramento, con l’unica eccezione per membri dello stesso gruppo familiare. Da oggi e per altre due settimane si fa ancora più sul serio. «Continuerà la didattica a distanza», si sospende «il trasporto pubblico, a eccezione dei taxi» e semaforo rosso anche a tutti gli esercizi commerciali non essenziali, ha informato l’esecutivo. Da oggi inoltre arriva un’ulteriore stretta alla mobilità, dopo lo stop – con qualche eccezione – alla circolazione tra comuni. Stretta che riguarda il regime di attraversamento del confine. A differenza del passato, anche chi possiede un immobile in un Paese confinante sarà infatti obbligato alla quarantena una volta rientrato in Slovenia, ha precisato Lubiana.
Ricordiamo che, dal 16 novembre, tutte le regioni italiane sono inserite nella lista rossa slovena. E chi proviene da una zona rossa può ridurre l’isolamento fiduciario, da dieci giorni a cinque, solo presentando un test negativo al Covid effettuato dopo il quinto giorno di quarantena. Fra le eccezioni, quelle riservate ai transfrontalieri, ma da oggi il tempo di permanenza massimo consentito oltreconfine è di 14 ore, si legge sulle Faq aggiornate prodotte dalla nostra rappresentanza diplomatica a Lubiana. Sempre ammesso, come in passato, il transito della Slovenia entro 12 ore.
Misure speculari a quelle slovene non sono per il momento in cantiere nella vicina Croazia, malgrado i contagi rimangano più che sostenuti (oltre 2.300 ieri), si sia uguagliato il record giornaliero di decessi (43) e la pressione sugli ospedali non cali (1.710 gli ospedalizzati, 194 in intensiva). «Un altro lockdown o coprifuoco sono fuori questione», ha infatti chiuso le porte il ministro croato della Salute Vili Beros, aprendo eventualmente solo a nuove limitazioni agli orari di apertura nel settore ricettivo.
Qualcosa si muove – ma in maniera assai blanda – anche in Serbia, da giorni interessata da una crescita esplosiva dei contagi (ieri quasi 3.500, 20 morti, 3.847 in ospedale, 164 in terapia intensiva). Servono misure drastiche e non solo appelli alla prudenza, avevano chiesto per giorni gli esperti. Ieri il governo ha deciso di fissare alle 21 la chiusura di bar, ristoranti e negozi, ma continueranno a rimanere aperte le scuole e «non pensiamo a restrizioni di movimento», ha affermato ieri la premier Ana Brnabić. Restrizioni, ha invece informato la Tv regionale N1, che sono state reintrodotte negli ultimi giorni in altri Paesi dell’area, dal Kosovo alla Bosnia arrivando alla Macedonia del Nord, dove si punta su coprifuoco notturno, limitazioni agli assembramenti e agli orari di bar e ristoranti, unica via per arginare l’epidemia e rallentare la crescita dei decessi. —
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