Slovenia, no al referendum sulle nozze gay

Il Parlamento: «Niente consultazioni popolari sui diritti umani». Ma scatta il ricorso alla Corte costituzionale
La Slovenia dice no al referendum sulle nozze gay
La Slovenia dice no al referendum sulle nozze gay

In Slovenia la comunità omosessuale può tirare un sospiro di sollievo. Il Parlamento di Lubiana ha respinto la richiesta di referendum avanzata dall’associazione “Per i bambini”, assicurando che la recente legge che introduce il matrimonio gay non sarà rimessa in discussione. «Non si fanno consultazioni popolari sui diritti dell’uomo», questa è la motivazione dei deputati sloveni che hanno votato a stragrande maggioranza contro l’ipotesi di referendum (53 contro 21).

A sostegno della nuova concezione di matrimonio - definito dal 3 marzo 2015 come «l’unione di due persone adulte» (senza menzionare quindi i termini “uomo” e “donna”) - si sono espressi tutti i partiti della coalizione al governo più alcune formazioni dell’opposizione, come il movimento dell’ex Premier Alenka Bratušek e Sinistra Unita (Zl). Al contrario, il Partito democratico sloveno (Sds) e il Partito popolare cristiano - Nuova Slovenia (N.Si) hanno votato per una revisione del diritto di famiglia.

«Negli ultimi dieci giorni non era chiaro quale sarebbe stata la posizione finale del Primo ministro Miro Cerar e del suo partito, ma alla fine si sono decisi a respingere la domanda di referendum», si rallegra Barbara Rajgelj, membro del collettivo “Ljubljana Pride” e avvocato di professione: «Sarebbe stata una sorpresa se avessero votato diversamente, perché quando hanno adottato la nuova legge hanno assicurato che non sarebbe stato possibile indire un voto popolare sulla questione», spiega Rajgelj.

Poco più di due settimane fa, la Slovenia è diventata l’undicesimo paese dell’Unione europea ad approvare le unioni gay, dando alle coppie dello stesso sesso tutti i diritti già previsti dal matrimonio, compreso il diritto all’adozione. Proprio quest’ultimo punto ha fatto infuriare i conservatori e le associazioni vicine alla Chiesa cattolica, che hanno subito avviato la macchina referendaria. In soli quattro giorni gli organizzatori hanno raccolto le 40mila firme necessarie ed esigono ora che si vada alle urne.

Ieri Metka Zevnik e Aleš Primc, alla guida del movimento “Per i bambini”, hanno tenuto una conferenza stampa davanti al Parlamento sloveno assicurando che continueranno la loro battaglia. «L’Assemblea nazionale ha approvato una decisione incostituzionale e illegale - hanno affermato i leader del collettivo - una vera e propria sberla in faccia al popolo sloveno».

Zevnik e Primc hanno annunciato che faranno ricorso alla Corte costituzionale di Lubiana, per capovolgere la decisione del Parlamento. «Siamo certi che la Corte non si lascerà sedurre dal radicalismo di sinistra e che deciderà seguendo i principi della nostra costituzione», auspicano i due leader del collettivo, mentre nella comunità Lgbt sorgono i primi dubbi. «Non possiamo essere sicuri al 100% che i giudici daranno ragione al governo, anche se dopo la riforma costituzionale dell’anno scorso, oggi è più difficile organizzare dei referendum su certi temi», afferma ancora Barbara Rajgelj.

La Corte costituzionale ha ora un mese di tempo per esprimersi sulla questione e, nel frattempo, la nuovissima legge del governo Cerar resterà in sospeso.
 

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