Slovenia, una marea umana in attesa FOTO

La notte passata in 4.300 sotto il tendone, i treni che arrivano, i pasti cucinati dall’esercito. E c’è chi chiede: «Dove siamo?»
Un'immagine scattata in territorio sloveno al confine con l’Austria
Un'immagine scattata in territorio sloveno al confine con l’Austria

SENTILJ (SLOVENIA) Sbuca come un nanetto tra le migliaia di gambe in attesa e si appoggia alla barriera di metallo. Lui è Ahmed, 5 anni, mini migrante siriano di Homs. Indossa berretto di lana e sciarpetta, nelle piccole e veloci mani sporche regge un succo di frutta, sulle spalle lo zainetto rosso.

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Migranti al confine tra Slovenia e Austria

Ti colpiscono i suoi occhi scuri che hanno visto le macerie della sua città, e le sue orecchie rosse nel freddo mattutino di Sentilj, le stesse che hanno già sentito il fischio delle bombe e le grida della morte. Aspetta Ahmed, oramai ci è abituato, aspetta con i suoi genitori di raggiungere l'Austria che dista solo duecento metri.

Sono un migliaio, in una fila più o meno ordinata. I poliziotti sloveni li tengono sotto controllo. Qualcuno intona una canzone e tutti battono le mani a ritmo. Poi secco e improvviso arriva l'ordine: "Go!". Parapiglia all'inizio della colonna, gli agenti fanno però immediatamente ordine elargendo qualche spintone. E la colonna va, va, va.

Sul piazzale antistante il centro di accoglienza temporanea si propaga un odore di frutta marcia mista all'olezzo di piscio che proviene dai cessi chimici. Più in là un improvvisato abbeveratoio di alluminio versa la sua acqua sul selciato. Bottiglie di plastica, qualche indumento stracciato e tozzi di pane imbrattano l'asfalto.

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Erano 4.300 i migranti che hanno trascorso la notte nel tendone del centro qui a Sentilj. In poco più di un'ora la polizia manda in Austria circa duemila persone. Ma non c'è tempo per rifiatare, la litania della miseria non si interrompe. Passano pochi minuti, sono le 12.04 e il treno proveniente da Dobova, sul confine croato, lentamente arranca verso la banchina provvisoria allestita solo un giorno fa. Sono otto vagoni stipati all'inverosimile. In tutto 4.377 persone.

Il treno si ferma. C'è un minuto di silenzio irreale. Nessuno osa aprire le porte dall'interno. Lo fanno gli agenti in assetto antisommossa. E il fiume esonda dall'alveo ferroviario. Moltissimi i nuclei famigliari, tanti bambini e anziani. Nella calca veniamo avvicinati da Ibrahim, un palestinese siriano di 21 anni, studente di medicina. Ha in mano un piccolo zainetto e un sacco di plastica nero con dentro una coperta.

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È smarrito e ci chiede: «Dove siamo?». «In Slovenia», è la risposta, ma dallo sguardo si capisce che questa non compare nel suo atlante mentale. «A 200 metri c'è l'Austria», gli indichiamo col dito. Allora annuisce, ma è ancora distratto. Si guarda in giro. Non trova più suo fratello Aghiad di 18 anni. Lo chiama ad alta voce e, finalmente, dopo qualche minuto lo intravede tra la folla. «Eccolo», esclama e sorride. Vuole raggiungere Amburgo.

La colonna di migranti viene instradata dalla polizia verso il centro di accoglienza situato a un centinaio di metri. Fanno ridere quei poliziotti con scudi, elmetti, giubbotti anti-proiettile perché guardi quei disperati e nemmeno ti sfiora l'idea di una rivolta. Rassegnati, il capo chino, indaffarati a non smarrire i bambini procedono verso il centro.

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Arrivati sul piazzale che prima era occupato dai migranti in transito verso l'Austria, ripongono a terra le loro sporte piene di dolore e miseria. Un bimbo inizia a giocare con una scimmietta pupazzo forse portato da casa, forse regalatogli in qualche precedente centro di accoglienza. Per loro è pronta l'assistenza medica, acqua e un pasto caldo cucinato dall'esercito sloveno.

Gli adulti iniziano a essere nervosi, ora scatta la spasmodica ricerca dell'elettricità per ricaricare i cellulari, diventati quasi un cordone ombelicale che li lega alla vita, al mondo. I volontari hanno un gran da fare per gestire i nuovi arrivati. Qui a Sentilj lavorano 200 persone, tra polizia, infermieri, medici, volontari della Croce rossa e Protezione civile, quanti sono i militari non è dato sapere. E durante la notte la temperatura va sotto lo zero.

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Una bimba profuga mentre aspetta al valico tra Croazia e Slovenia (da delo.si)

Così come non ti fanno entrare nel tendone del campo di accoglimento. Da dove esce sbuffando Metka, 61 anni, volontaria di Maribor. «Il cibo è buono lo cucina l'esercito, ci sono minestre, c'è pollo e carne di manzo». Ma Metka non sopporta le scene che deve vedere. «Adulti che strappano di mano il cibo ai bambini, gente che viene a chiedere anche 10 volte il cibo (il record qui a Sentilj è di un iraniano che di pasti ne ha portati via 18) e sono pochi quelli che ti dicono grazie. Si infilano il cibo dappertutto».

Si volta verso il nuovo plotone di migranti, stringe le palme della mano e muovendole esclama: «Ma dove andate, dove andate?» Ieri un adulto siriano ha chiesto come fare per tornare in Siria. Lo hanno guardato sbigottiti. «Ci avevano detto che qui è tutto bello, ma non è così», ha affermato con le lacrime agli occhi.

Lentamente cala la sera su Sentilj. C'è una sorta di caos calmo nel piazzale. I bambini piangono, qualcuno litiga. Un soldato scuote la testa, «Ma quanto durerà tutto questo?» si chiede. Intanto lungo le rotaie due agenti a cavallo tengono d'occhio la situazione mentre una pattuglia di cinque soldati imbraccia il mitra, indossa i passamontagna e si infila nell'oscurità del bosco.

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