Sospetta morte d’amianto: serve l’autopsia. Bloccato il funerale dell’ex ferroviere

Stop in extremis della Procura alle esequie di un 73enne deceduto per un tumore polmonare alla Pineta del Carso

TRIESTE Era già tutto pronto per il funerale, anche il necrologio da pubblicare sul giornale. Ma la Procura di Trieste ha bloccato improvvisamente tutto, di fatto sospendendo le esequie: serve un’autopsia. La morte di Sergio Gianneo, un settantatreenne originario di Caneva, piuttosto noto a Trieste negli ambienti dei musicisti, deceduto il 28 dicembre, è sospetta.

E la magistratura adesso vuole vederci chiaro: il tumore polmonare in metastasi che ha colto il settantatreenne poco più di un anno fa potrebbe essere collegato all’amianto.

Gianneo, in passato manovratore ferroviario in servizio nella piccola stazione di Aurisina, ma non solo, sarebbe stato a lungo a contatto con il materiale “killer” durante la sua carriera professionale. Non a caso la Procura ha fatto scattare un’inchiesta a carico di ignoti per «omicidio colposo», ipotizzando una «violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro». Vale a dire una possibile esposizione alle pericolose fibre. Di qui la decisione di procedere con l’esame autoptico, in modo da accertare fino in fondo le cause effettive del decesso. L’udienza per il conferimento dell’incarico al medico legale, il dottor Paolo Peruzzo, era fissata per il 3 gennaio. Il fascicolo d’indagine è nelle mani del pm Lucia Baldovin.

La famiglia non ha potuto far altro che sospendere il funerale e attendere ulteriori comunicazioni.

È stato proprio l’Hospice della Casa di Cura Pineta del Carso di Aurisina, dove Gianneo era stato ricoverato e dove ha trascorso le sue ultime ore di vita, ad allertare la magistratura. «Siamo tenuti a farlo», osservano dalla casa di cura. «Senza entrare nella specificità di questo caso, va ricordato che per noi la procedura è obbligatoria quando i parenti o la persona stessa ci riferiscono di un’esposizione all’amianto: abbiamo il dovere di segnalarlo alla Procura. È poi compito della magistratura accertare ciò e, soprattutto, verificare se c’è una reale correlazione tra il tumore e il contatto con il materiale». I familiari ricordano bene il passato professionale di Gianneo. «Sergio ha fatto il manovratore per anni, lavorava sui treni e sugli scambi», ripercorre un parente. «A un certo punto, anni fa, hanno sigillato tutto...».

In attesa degli esisti investigativi, al momento si può soltanto ipotizzare un’eventuale esposizione prolungata di Sergio Gianneo al pericoloso materiale. La letteratura in materia, comunque, è piuttosto documentata sui decessi in ambito ferroviario: le componenti dei treni sottoposte alle alte temperature, e quindi più facilmente infiammabili, come quelle motoristiche e frenanti delle locomotive a vapore, diesel, elettriche e tutte le carrozze e i carri per il trasporto merci, erano coibentati con amianto spruzzato e con pannelli contenenti il materiale. Roba che, con il passare del tempo, da compatta poteva diventare friabile. Le fibre, liberandosi nell’aria, possono essere inalate. I periodi di incubazione del cancro da amianto durano anche decenni.

Era l’autunno del 2017 quando Sergio ha scoperto di essere ammalato. Il decorso è stato rapido: «Sì - spiega un amico - Sergio ha cominciato a sentirsi male a fine estate, era quasi autunno. Si sentiva debole, aveva perso appetito. Lui pensava che la causa fosse un vaccino, poi ha scoperto il tumore. Lo hanno ricoverato prima in Oncologia, al Maggiore, e quindi ha cominciato le terapie. Sembrava si fosse ripreso, poi però a inizio dicembre, cioè un mese fa, ha avuto un crollo. Di nuovo debole, non aveva forze, respirava con fatica».

«Ho qualche problema fisico», scriveva Sergio agli amici, in chat su Whatsapp, il 5 dicembre.

Il ricovero a Cattinara è della settimana dopo. Poi, il 28, il passaggio all’Hospice della Casa di Cura Pineta del Carso. È il giorno del decesso improvviso. La malattia si è portata via Sergio nel giro di un anno.

Gianneo era appassionato di musica. Faceva parte dei “Mods”, un gruppo nato negli anni Sessanta in cui cantava e suonava il basso, ma anche degli “Anni Ruggenti”. Lo chiamavano scherzosamente “Beba”. «Era una persona speciale, un uomo d’oro - ricorda ancora un amico - oltre che un ottimo musicista. Era sempre allegro e grintoso. Una persona buona, cui piaceva divertirsti e stare in compagnia».

Il funerale, prima dello stop della magistratura, era stato annunciato per venerdì della scorsa settimana, a Sant’Anna. L’inchiesta potrebbe scrivere un’altra pagina. Una pagina di verità e giustizia. —


 

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