Sotto sequestro il Centro di medicina dello sport
Niente autorizzazioni sanitarie, contestati otto anni di rimborsi indebiti per le visite effettuate. Indagato Gombacci
di Corrado Barbacini
di Corrado Barbacini

Il Centro di medicina dello sport è da ieri sotto sequestro. I carabinieri del Nas hanno messo i sigilli ai 14 vani e alle due palestre della struttura ospitata in una torre dello stadio Rocco e considerata una tra le più moderne della regione. Il provvedimento di sequestro, disposto dal Gip su richiesta del pm Maddalena Chergia, è motivato dall’assenza delle autorizzazioni sanitarie da parte dell’Azienda sanitaria.
Il legale rappresentante dell’associazione «Centro medicina dello sport», il dottor Auro Gombacci, è indagato per violazione dell’articolo 193 del testo unico della legge sanitaria. Secondo i carabinieri il Centro, che fa riferimento a un’associazione onlus, avrebbe percepito per otto anni, dal 2000 fino al 2008, indebiti rimborsi per prestazioni sanitarie dell’ammontare di alcuni milioni di euro. All’interno della struttura ogni anno vengono effettuate non meno di diecimila visite. Un punto di riferimento per la città, e non solo, che anche ieri risultava molto frequentato. Il blitz è scattato nel primo pomeriggio. I carabinieri del Nas si sono presentati attorno alle 15. Pochi minuti dopo erano previste alcune visite a un gruppo di giovani pattinatrici, ma i controlli sanitari sono stati subito interrotti e immediatamente sono stati sospesi tutti gli appuntamenti programmati nei prossimi giorni. Poi è stato fatto uscire il personale e i militari dell’Arma hanno incollato sulla porta d’ingresso i sigilli. «Struttura posta sotto sequestro», si legge sulla porta d’ingresso.
All’origine del provvedimento della magistratura il fatto che il Centro dello stadio Rocco - secondo gli accertamenti dei carabinieri della sanità - è da considerarsi una «struttura sanitaria privata di media complessità» che proprio per sua natura deve avere particolari autorizzazioni per svolgere la propria attività.
In pratica l’accusa è di aver violato le leggi sanitarie proprio in materia di autorizzazioni e di conseguenza di avere ottenuto dei consistenti rimborsi senza averne titolo. Gli atleti che non hanno superato i 18 anni vengono visitati senza alcuna spesa, mentre i maggiorenni pagano un ticket di 35 euro. Somme queste che vengono poi ripianate dal sistema sanitario.
Ma c’è da ricordare che nelle altre regioni questi tipi di controlli hanno costi molto più sostenuti per gli sportivi. «Il mio legale, l’avvocato Fusco al quale mi sono subito rivolto, chiederà il dissequestro della struttura. Abbiamo seguito le indicazioni previste dallo statuto della Federazione medico sportiva. Quello che è accaduto è stato come un fulmine a ciel sereno - ha dichiarato il dottor Gombacci - Per ora il programma di visite agli sportivi è sospeso e gli atleti dovranno attendere che la situazione si sblocchi». Poi ha aggiunto: «Molto probabilmente non abbiamo saputo presentare tutta la documentazione necessaria per esercitare l’attività che svolgiamo a sostegno degli atleti.
Ritengo che ci sia stato solo un banale problema di natura amministrativa, un’incongruenza tra alcune date. Sia chiaro, noi abbiamo l’autorizzazione a esercitare l’attività di medicina dello sport - ha ribadito - e su questo non ci piove. Posso aggiungere che siamo assolutamente sereni. Abbiamo fatto tutto quello che serve per far conseguire l’idoneità ai nostri atleti e per tutelare la loro salute. Sia chiaro, problemi sanitari non ce ne sono. Si tratta solamente di questioni di natura burocratica, o meglio amministrativa».
Stupito e amareggiato è il presidente regionale del Coni Emilio Felluga. «Il Centro di medicina dello sport è una realtà autonoma della Federazione italiana medico sportiva e per Trieste è un vero e proprio fiore all’occhiello. So che operano dei medici bravi che lavorano in modo ordinato e professionale. Tutti sono in regime di convenzione extramoenia. Non capisco di quale autorizzazione abbiano avuto bisogno. Sono convinto che si sia trattato di un equivoco».
La struttura finita nel mirino del pm Chergia è nata attorno al 1954 e già da allora si occupa della tutela sanitaria dei praticanti attività sportive nell’ambito delle leggi allora vigenti. «Il Centro regionale di Medicina dello sport di Trieste - si legge sul sito web - è una struttura che si occupa di fornire una valutazione sanitaria e sportiva ad atleti di livello, a squadre ma anche a tutti coloro che desiderano svolgere o desiderano iniziare un’attività motoria in sicurezza, di qualunque tipo ed a qualunque livello di impegno psico-fisico.
Offre il servizio di tutela sanitaria dell'attività sportiva agonistica e di valutazione funzionale cardiovascolare e respiratoria, di dietetica e nutrizione clinica, di traumatologia e riabilitazione e infine di valutazione, programmazione e controllo dell’allenamento. Rappresenta il punto di riferimento medico-sportivo regionale per il Coni, le Federazioni e gli Enti di promozione sportiva».
Argomenti:centro di medicina dello sport
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