Spariti calamari, seppie e orate «È colpa delle reti giapponesi»

di Fabio Malacrea
Nel golfo e nel bacino di Panzano non c’è più pesce: di orate neanche l’ombra, ma anche seppie e calamari sono quasi scomparsi. Colpa della pesca indiscriminata ma anche e soprattutto delle nuove reti “giapponesi”, vere trappole invisibili per i pesci. L’allarme arriva dai pescatori dilettanti di Marina Nova che hanno affrontato, al loro interno, un problema che appare sempre più evidente: il tratto di mare tra Punta Sdobba e il canale di accesso al porto, nelle prime uscite è apparso impoverito in termini assai preoccupanti.
Le seppie sono praticamente introvabili, come pure i calamari. I pescatori dilettanti non lesinano critiche ai loro colleghi professionisti e a chi procede alla raccolta anche mentre è in atto la deposizione delle uova . E critiche quindi per l’uso intensivo delle nuove reti “giapponesi”. «Di questo passo - ha detto qualcuno - le seppie spariranno dal nostro golfo». È un allarme vero e proprio quello lanciato dai pescatori dilettanti di Marina Nova che hanno preso in esame la possibilità di chiedere all’autorità marittima un “fermo pesca” che possa consentire il ripopolamento della zona di mare. Ma il pesce, stando a quanto denunciato dai pescatori dilettanti di Marina Nova, non c’è più neanche nel bacino di Panzano, tra il centro velico Hannibal e la banchina dello stabilimento Fincantieri dove tradizionalmente c’è una buona presenza di orate. E qui le accuse di qualcuno vanno anche ai sempre più frequenti episodi di inquinamento verificatisi in città. Insomma, l’impoverimento del golfo di Panzano sembra seguire, in termini ancora più preoccupanti, quello del golfo di Trieste, andando a colpire la produzione ittica più tradizionale della nostra zona di mare. Tempi che appaiono quanto mai remoti quelli della “tratta dei cefali” quando, fino alla metà del secolo scorso, i pescatori monfalconesi riuscivano a rimpire vagoni di pescato nella zona ora occupata dalla parte terminale delle banchine del porto, dove enormi banchi di cefali venivano a rifugiarsi per l’accoppiamento in un habitat ideale. Quanto sta accadendo rischia ora di far scomparire un fenomeno ripetutosi più volte negli scorsi anni quando, in testa al canale Valentinis, era possibile notare la presenza di enormi quantità di cefali e branzini, attirati dalle acque dolciastre, per il flusso del canale De Dottori, provenienti dall’Isonzo. A preoccupare ulteriormente i pescatori c’è poi la minaccia rappresentata dall’invasione di meduse segnalata nei giorni scorsi in Alto Adriatico, non urticanti e quindi non pericolosi per i bagnanti ma in compenso, come ha dichiarato Paola Del Negro, ricercatrice dell’Ogs di Trieste, «capaci di avere un alto impatto sul nostro ecosistema marino». Preoccupazione dunque tra i pescatori e una proposta, quella del “fermo pesca”, che potrebbe creare scompiglio e reazioni nel settore della pesca professionale del golfo di Trieste.
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