Specie esotiche e incendi minacciano la landa carsica

L’allarme dell’esperto Poldini: «Bisogna intervenire subito La biodiversità del territorio è seriamente in pericolo»
È allarme per la progressiva scomparsa della landa carsica. Nel corso dell’ultimo secolo, sul Carso si è assistito a una perdita del patrimonio vegetale pari al 7,40%, con una relativa diminuzione della biodiversità a causa dell’aggressione di specie esotiche, con conseguenti danni all’agricoltura, mentre le lande - le cosiddette “gmajne” - si sono ridotte a meno del 9% della superficie totale del territorio.


Il preoccupante fenomeno è stato segnalato da Livio Poldini, già docente di ecologia vegetale dell’Università di Trieste, nel corso della conferenza “Biodiversità: l’importanza della programmazione delle attività agricole per le differenti aree carsiche nel rispetto di una preventiva ed attenta analisi del territorio”, svoltasi nei giorni scorsi nella sala convegni della Banca del credito cooperativo del Carso di Opicina, all’interno della manifestazione “Infiorata di Opcina” promossa dall’associazione per la Difesa di Opicina.


«La penetrazione di specie non autoctone, che costituiscono la seconda principale minaccia alla biodiversità, si è attestata oggi all’8,4%: si tratta – ha spiegato Poldini – di specie in alcuni casi pericolose e allergeniche, che portano a un’invasione nell’agricoltura con conseguente necessità di ricorrere ai pesticidi, con tutto quanto ne consegue. Dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi – ha aggiunto lo studioso – si è assistito a una pericolosa e costante perdita dell’habitat naturale per le specie autoctone e a una preoccupante contrazione delle lande carsiche».


La soluzione risiederebbe a suo avviso nello sviluppo dell’asse silvo-pastorale, reintroducendo l’agricoltura e sviluppando pascolo e bosco.


Poldini ha ricordato a riguardo la presenza di un piano specifico, redatto dallo stesso relatore ancora nel lontano 1984 e tuttora giacente.


Tre le linee guida indicate: la conservazione della biodiversità, la diminuzione del rischio incendi e lo sviluppo degli impollinatori.


«Pianficando la reintroduzione del terreno a pascolo e incentivando il ricorso a un’agricoltura multifunzionale, il residuo di landa carsica potrebbe essere riportato al 20%». Anche il problema degli incendi boschivi si potrebbe arginare attraverso «l’abbattimento di alberi come i pini, che appaiono attualmente per il 30-40% intaccati dai parassiti, incrementando la presenza di alberi d’alto fusto, che restituirebbero anche complessità strutturale ai boschi. Un’azione che porterebbe pure a una positiva ricaduta in termini turistici».


«Il patrimonio naturale – ha concluso Poldini – rappresenta l’unica vera risorsa di una comunità e costituisce la base economica del territorio. È pertanto un bene insostituibile che va quindi salvaguardato: senza l’attuazione di una serie di misure atte a prevenire un ulteriore depauperamento di questi bene collettivi, parlare di sviluppo sostenibile appare come un semplice slogan privo di significati».


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