Spese “folli”, Codega nei guai per un volo

Si allunga l’elenco dei democratici indagati. Partito diviso sull’ipotesi dimissioni. E la maggioranza di Serracchiani scricchiola
Di Marco Ballico
Lasorte Trieste 13/05/13 - Consiglio Regionale, Codega, Marini
Lasorte Trieste 13/05/13 - Consiglio Regionale, Codega, Marini

TRIESTE. Fosse ancora segretaria del Pd, non ci sarebbero troppi dubbi: Debora Serracchiani interverrebbe. Ma nel ruolo di governatrice, come poter alzare la voce e chiedere dimissioni con il rischio di aprire una crisi in Regione e ritornare al voto? E così anche ieri, il giorno in cui pure Franco Codega diventava un indagato nella vicenda delle spese pazze della scorsa legislatura, Serracchiani è rimasta sulle sue posizioni: chiarissime ma, al momento, senza effetto. Un pasticcio. Con l’impossibilità anche di distinguere il ruolo istituzionale da quello politico.

Quando dichiarò il famoso «tutti fuori» riferito ai consiglieri uscenti indagati, imponendo l’impegno alle dimissioni dal Consiglio nel caso di avviso dei garanzia nei confronti dei rieletti, Serracchiani parlava da aspirante presidente ma anche da segretaria di partito. Non si era dimessa, non ancora. E c’è chi giura oggi di aver visto passare la linea intransigente (senza alcuna contrarietà) in una seduta di assemblea regionale del Pd. «Nulla da aggiungere, si sa come la penso», diceva anche ieri la governatrice. Pensa, perché non risulta abbia cambiato idea, che i vari Franco Iacop, Enzo Marsilio, Daniele Gerolin e ora pure Codega – che pare si trovi inguaiato per il rimborso di un biglietto aereo su Roma a cui avrebbe partecipato come relatore a un convegno – si debbano dimettere. Un passo a detta di molti eccessivo in assenza di un rinvio di giudizio (che potrebbero poi non arrivare), ma quell’impegno lo ha chiesto lei. E i democratici, firma dopo firma, l’hanno accettato.

In queste ore è andato però in scena il tentativo del Pd di sollevare la presidente da incombenze e imbarazzi. Renzo Travanut, il segretario, e Cristiano Shaurli, il capogruppo, hanno preso tempo. Come i diretti interessanti, sicuri di poter dimostrare la propria innocenza rispetto all’accusa di peculato. Un gioco delle parti che vede Serracchiani, ora, in un ruolo diverso da quella di capopartito. La sua posizione è la solita ma, su un caso che riguarda il Pd, decidono i vertici del Pd. Soluzione del resto inevitabile a meno di non voler mettere in crisi il governo. Realpolitik, insomma. Aggirando le critiche di osservatori ed elettori che non dimenticano il documento preteso da Serracchiani e siglato dai consiglieri in lista, il Pd attende che la vicenda si sgonfi. E che i suoi uomini ne escano puliti.

Non accadesse, a quel punto si trarrebbero le conseguenze. Serracchiani aveva parlato di dimissioni dal Consiglio. In questo caso subentrerebbero i primi dei non eletti e i numeri in aula non cambierebbero. Cosa diversa è se i consiglieri del Pd eventualmente rinviati a giudizio fossero chiamati ad abbandonare il gruppo e a confluire nel Misto (come la Lega Nord ha fatto con Mara Piccin e, prima ancora, con Edouard Ballaman). A quel punto gli equilibri di voto potrebbero mutare.

Scenari aperti, dunque. Nell’attesa, è gioco facile per l’opposizione andare all’attacco. Ieri è toccato a Massimiliano Fedriga, deputato leghista, usare parole grosse verso il Pd: «Vergognoso che Serracchiani e Travanut coprano gli amici: la sensazione è che da un lato gli eletti non vogliano schiodarsi dalla poltrona e dall’altro che il loro partito tema, in caso di sospensione o espulsione, di perdere tre voti. In qualunque modo vada a finire, un pessimo spettacolo».

Sul fronte dell’inchiesta emerge intanto particolari sugli addebiti mossi a Bruno Zvech. L’ex segretario Pd risulta indagato per due notti in albergo, camera singola, a Rovereto (340 euro), mentre Igor Gabrovec (Unione slovena), dicendosi convinto di aver portato giustificazioni convincenti ieri in Procura sul rimborso di 186 euro per due inserzioni su un quotidiano, ribadisce di non aver firmato alcun documento: «Il Pd non ha chiesto alle liste collegate l’impegno alle dimissioni».

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