Spese pazze in Consiglio regionale: scontrini da 50 cent rimborsati dal gruppo

Dal caffè al bicchier d’acqua. Decine di mini consumazioni tra le spese pazze contestate in aula a Rosolen, Sasco e Kocijancic
Lasorte Trieste 30/10/08 - Consiglio Regionale, Discussione, Legge, Commercio
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TRIESTE. Oltre 50mila euro di presunte spese “pazze” e 1.800 scontrini sotto la lente della Corte dei Conti nell’udienza di ieri. Protagonisti del contraddittorio davanti alla Sezione giurisdizionale l’ex capogruppo dell’Udc, Edoardo Sasco (rappresentato dall’avvocato Dario Lunder), quello di Sinistra Arcobaleno, Igor Kocijancic (difeso dall’avvocato Bruno Belleli) e l’ex consigliera regionale di Un’Altra Regione, Alessia Rosolen (rappresentata dall’avvocato Renato Fusco). Sasco è chiamato a rispondere di 21.777,80 euro, di cui oltre 7 mila riferibili al gruppo e 14 mila a spese personali, a Kocijancic sono contestati 7.320,31 euro (di cui quasi 2.700 euro personali e oltre 4.600 del gruppo), mentre Rosolen deve rispondere di spese di rappresentanza “sospette” per 23.116 euro.

L’ex assessore regionale al Lavoro, ha sottolineato il Procuratore regionale della Corte dei Conti, Maurizio Zappatori, avrebbe utilizzato il 60% della dotazione finanziaria a disposizione, «una cosa illogica» secondo Zappatori che, tra i quasi 1.200 scontrini attribuibili a Rosolen, ne ha trovati alcuni per cifre irrisorie (fino a un minimo di 50 centesimi) che «non possono essere riconducibili a spese di rappresentanza». Non hanno convinto il Procuratore nemmeno alcuni rimborsi per rifornimenti di carburante («per i quali esiste già un rimborso forfettario» ha ricordato Zappatori) né alcune spese in consumazioni effettuate in regione mentre Rosolen era a Bruxelles per impegni connessi al Comitato delle Regioni. Circostanza, quest’ultima, giustificata dall’avvocato Fusco con spese sostenute da collaboratori della consigliera regionale (unica rappresentante del suo partito) per attività legate al suo ruolo istituzionale. La difesa dell’ex consigliera di Uar ha chiesto la sospensiva in attesa della sentenza della Corte di Cassazione sul ricorso presentato ma soprattutto ha rimarcato l’infondatezza dell’azione risarcitoria «per carenza sia di comportamento antigiuridico che di colpa grave».

Sasco non ha saputo spiegare il perché di circa 500 scontrini, perlopiù in bar e gelaterie, con «consumazioni ripetute in diversi orari nella stessa giornata - ha puntualizzato Zappatori durante l’udienza - che rendono difficile pensare a spese legate a motivi di rappresentanza». L’avvocato Lunder, oltre a chiedere (come negli altri casi) il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti, ha sottolineato come per situazioni analoghe siano stati archiviate le posizione degli altri ex consiglieri dell’Udc (Maurizio Salvador, Alessandro Tesolat e Giorgio Venier Romano) che però, secondo Zappatori, hanno spiegato in maniera «attendibile» le spese contestate e in alcuni casi hanno restituito le somme relative alle spese non giustificate. Ma il difensore di Sasco è andato oltre: «L’obbligo di indicare le circostanze e le persone legate all’attività di rappresentanza non è presente in alcuna legge nazionale o regionale». E il principio di buona amministrazione, richiamato da Zappatori, «è una valutazione soggettiva che non trova riscontro normativo».

Si è spinto ancora più in là, Bruno Belleli, difensore di Kocijancic, a cui sono contestati un centinaio scarso di ricevute: «Viene capovolto l’onere della prova. L’atto di citazione non contiene alcuna dimostrazione che le spese non potevano essere fatte ma chiede spiegazioni. La Procura – attacca l’avvocato – ha sparato nel mucchio». Anche in questo caso, per gli altri consiglieri del gruppo (Roberto Antonaz e Stefano Pustetto), c’è stata l’archiviazione. Zappatori ha replicato all’avvocato di Kocijancic (nel mirino anche per spese sostenute in Slovenia): «Quando si tratta di soldi pubblici occorre dimostrare per cosa e per chi sono stati spesi. Quando non ci sono questi elementi la spesa è indebita».

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