Sportello del lavoro: 3mila in fila ogni mese

A Trieste 15mila persone iscritte alle liste di disoccupazione della Provincia Anita, 42 anni: «La ditta dov’ero impiegata ha chiuso, sono tornata dai miei»
Di Pierpaolo Pitich
Silvano Trieste 13/04/2010 Sportello del Lavoro
Silvano Trieste 13/04/2010 Sportello del Lavoro

Si mettono in fila ordinatamente e aspettano con pazienza il loro turno, anche per ore. Un rituale che si ripete ogni giorno: uomini e donne, italiani e stranieri, giovani e meno giovani. Le differenze in questo caso non esistono. L’unica cosa che conta è l’obiettivo che li accumuna: trovare un lavoro. Ci troviamo al Centro per l’Impiego della Provincia di Trieste e la scena che gli impiegati dello Sportello Lavoro si trovano davanti è sempre la stessa.

Una marea umana che si snoda lungo la scalinata che conduce al servizio informazioni. Sono più di 150 le persone che ogni giorno varcano quell’ingresso, il che significa oltre 3000 ogni mese ed il loro stato d’animo non è certamente dei migliori, così come le loro prospettive che si stagliano in un orizzonte che si profila nerissimo. Sono complessivamente 8000 le persone che hanno deciso di attivare il loro curriculum, ma sono quasi il doppio (15mila) quelli che hanno rilasciato la cosiddetta Dichiarazione di disponibilità, indispensabile per acquisire lo status di disoccupato.

Sono tante le storie di vita vissuta e di ordinaria precarietà che si possono raccogliere in una qualsiasi giornata trascorsa in coda, in attesa di qualche segnale positivo. Storie fatte di lunghe attese, di disagi, sosfferenze, indigenza. soprattutto in questi tempi grami. Come quella di Anita, 42 anni, che dopo aver lavorato per vent’anni in una azienda, è stata costretta a ricominciare da zero.

«La ditta dove lavoravo ha chiuso ed io sono a casa da un anno - racconta -. Sono separata ed ho una figlia e non mi vergogno di dire che sono tornata a vivere con mia madre. Il problema non è tanto reinserirsi nel mondo del lavoro, quanto il fatto che adesso il lavoro non c’è proprio. Le aziende chiudono, le persone sono depresse, non ce la fanno ad andare avanti ed in tutto questo lo Stato non aiuta e rimane invisibile».

Piero ha 58 anni, è un ex lavoratore portuale che è stato licenziato due anni fa e che adesso si ritrova senza stipendio e senza la speranza di una pensione: «Vivo senza reddito ed ho grossi problemi di salute - spiega -. Sono disperato perché non so più cosa fare. Alla mia età non ti prende più nessuno e sono costretto a vivere con i pochi risparmi che ho messo da parte».

Luisa ha 26 anni e cerca disperatamente un’occupazione. «Da quando ho finito la scuola, sono riuscita a trovare solo qualche occupazione sporadica che durava al massimo un paio di mesi. Quelli che erano i miei sogni ormai li ho già riposti in un cassetto, adesso sono disposta a fare qualsiasi lavoro. Avrei voglia di lasciare questa città e cercare fortuna altrove, ma sono costretta a rimanere qui per motivi familiari».

Federica è occupata nel mondo della scuola, come personale non docente, ma per lei la parola lavoro è sempre andata di pari passo con precariato. «Ho 48 anni e lavoro da più di venti, ma sempre e soltanto per alcuni periodi all’anno, che con l’esplosione della crisi, sono diventati sempre più brevi. Mi rendo conto di aver perso tutti i treni possibili e adesso non so più cosa fare per dare una svolta alla mia vita. Non ho un lavoro vero e non avrò mai una pensione». Cristina ha lasciato la città alcuni anni or sono per cercare fortuna a Roma. «Fino a qualche tempo fa le cose andavano discretamente. Poi, con l’arrivo della crisi, non c’è stato più verso di trovare lavoro. Ho deciso di tornare a Trieste dove vivono i miei genitori, ma anche qui trovo difficoltà ad individuare sbocchi, pur adattandomi a fare di tutto. Credo che le istituzioni dovrebbero fare qualcosa per risolvere questa situazione drammatica e magari mettersi per una volta nei panni della gente comune, che fa fatica a tirare avanti e che non arriva alla fine del mese».

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