Spunta un’offerta romana per la Triestina

La proposta d’acquisto della Triestina è arrivata sul filo di lana. Da Roma. È successo a poche ore dalla scadenza dei termini del concordato. Ma nessuno esclude che la lettera formale, inviata sia allo studio dell’avvocato Dario Lunder che alla società, possa essere uno stratagemma del contestatissimo presidente Marco Pontrelli. Lo scopo, se questa ipotesi fosse vera, sarebbe quello di convincere il giudice Riccardo Merluzzi a concedere una proroga alla sentenza di fallimento e quindi guadagnare qualche mese senza pagare un cent. In caso contrario, ovvero se il fallimento venisse comunque dichiarato, la proposta dovrebbe arrivare direttamente al giudice.
A presentare quella proposta d’acquisto, dopo aver consultato «solo per gli aspetti giuridici» l’avvocato Gianfranco Carbone, è stato Andrea Troiani, amministratore dell’Alimentare holding srl, con sede a Roma in via Lisbona 18. La data della lettera - che, da quanto appreso, dovrebbe essere allegata al piano finanziario richiesto dal giudice Merluzzi - è quella del 23 novembre. «Non abbiamo nulla a che fare con Pontrelli. Se così fosse scapperemmo subito» precisa al telefono Troiani. E, subito dopo, aggiunge: «Siamo arrivati a Trieste non certo seguendo il canale di Pontrelli...». Poi, però, taglia corto: «Per me parla la lettera d’intenti».
Lettera nella quale l’imprenditore manifesta dapprima «l’interesse all’acquisizione della società per la continuazione dell’attività sportiva in essere». E poi detta le sue condizioni chiedendo a Pontrelli la cessione delle quote della Triestina ma spiegando, al contempo, che «la cessione avverrà a valore patrimoniale tenuto conto del deficit accumulato dalla società che ha azzerato il capitale sociale». Come a dire gratis. Troiano aggiunge, a scanso d’equivoci, che «l’unico onere del proponente sarà rappresentato dalle spese notarili».
L’imprenditore di Alimentare holding puntualizza quindi alcuni aspetti tecnici. Il primo riguarda la cosiddetta fase intermedia che precede la cessione delle quote: la lettera precisa che «le parti dovranno trovare un’intesa, anche nella forma dell’affitto di ramo d’azienda, per consentire la prosecuzione dell’attività sportiva della società». E ancora: «L’affittuario non corrisponderà alcun canone per l’affitto di ramo d’azienda ma si accollerà l’onere delle spese correnti che matureranno dalla data di effettiva cessione». La proposta capitolina - subordinata «all’esame della contabilità, dell’istanza di concordato e del piano» - prevede poi che «la responsabilità dei rapporti con la squadra sarà in capo all’affittuario e la precedente gestione non avrà alcun titolo per intervenire nelle scelte e nelle decisioni che verranno effettuate».
A questo punto il potenziale acquirente spiega la sua offerta: «Il sottoscritto, definito l’accordo di cessione delle quote condizionato e definite le modalità dell’effettivo trasferimento della gestione della squadra nella fase intermedia, si impegna a intervenire come assuntore, comunicandolo formalmente ai creditori e al tribunale fallimentare. L’assuntore offrirà idonea garanzia per l’esecuzione del concordato con il soddisfacimento dei creditori privilegiati e chirografari».
I libri in tribunale la Triestina li ha portati due mesi fa. Il buco ammonta a oltre 600mila euro per due terzi riconducibili alla vecchia gestione Puglia. All’ultimo momento si sono appalesati creditori per circa 70mila euro che hanno bussato alla porta del Tribunale. Si tratta dell’Acerbis, la società che del 2012-13 fornì l’abbigliamento alla Triestina, nonché di Livio Lupidi, ex tecnico delle giovanili, Massimo Leo e Luigi Turci, ex preparatori dei portieri, e infine Mario Ciac, ex preparatore atletico. La gestione concordataria - definita con malcelata ironia “coma farmacologico” - era stata prescritta due mesi fa dal collegio presieduto da Riccardo Merluzzi e composto da Daniele Venier e Giulia Spadaro. Era stato deciso che i debiti maturati al 30 settembre venissero congelati.
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