Sub morti: «Leggerezza e imprudenza»

Leggerezza, imprudenza e mal funzionamento dell'autorespiratore. Sono queste le motivazioni alla base della condanna ad un anno di carcere inflitta lo scorso 30 maggio a Nicola Donda e Marco Panico, riconosciuti colpevoli dell’omicidio colposo dei due sub istriani Ziga Dobraic e Samo Alajbegovich morti il 25 luglio 2010 nelle acque antistanti il castello di Miramare.
Le motivazioni depositate qualche giorno fa dal giudice Enzo Truncellito mettono a fuoco che la responsabilità specifica di Panico è sorta «nel momento in cui ha accettato di accompagnare nell’immersione i due sloveni». Ha assunto così di fatto su di se «la responsabilità della sicurezza in acqua dei sub – si legge -- e l’obbligo giuridico di tutelare la loro incolumità fisica».
Marco Panico, che è un carabiniere subacqueo, avrebbe avuto il dovere di conosce che quel tipo di attività era pericolosa. Non solo: «Il particolare tipo di autorespiratore adoperato, il re-breather, è molto delicato e i due sub sloveni partivano con una preparazione ed una formazione – precisa il giudice Enzo Truncellito nelle motivazioni della condanna –tanto teorica che pratica vicina allo zero, comunque assai approssimativa e scarsa, cosicché sarebbero state necessarie ancora maggiore attenzione e sorveglianza».
Dunque, sull’incolumità dei due sub sott’acqua avrebbe dovuto vigilare proprio Panico. Durante l’immersione il carabiniere stava scattando delle foto subacque. «Ha agito con leggerezza e imprudenza – si legge – si è dimostrato incapace ad assolvere l’impegno assunto e immortalando Alajbegovic ha perso completamente di vista, per un tempo troppo lungo, il povero Dobrajc».
Accortosi dell’incidente si è diretto alla ricerca del sub dimenticandosi, a quel punto, di sorvegliare Alajbegovic. Agendo in questo modo, secondo il Tribunale, Panico ha contribuito per colpa alla morte dei sub sloveni.
Da una parte l’imprudenza, dall’altra il mal funzionamento del connettore. «Se tale componente fosse stato in buono stato di manutenzione – scrive il giudice indicando le motivazioni che hanno spinto alla condanna di Donda – il collegamento del gruppo dosatore sarebbe avvenuto , senza difficoltà e imprevisti». La presenza di una accertata incrostazione ha condizionato la manovra dell’operatore che con il gesto di “inserimento” ha innestato il lato femmina sul maschio confidando sull’ordinario, automatico avviamento senza accorgersi che la ghiera non funzionava come doveva fare.
Determinanti per la condanna si sono rivelate quindi la perizia tecnica e la deposizione in aula di un ufficiale del Raggruppamento "Teseo Tesei" della Marina Militare che ha esaminato i due respiratori “rebreather” costruiti dalla Hbt di Nicola Donda. Il giudice Enzo Truncellito ha concesso ai due imputati la sospensione condizionale della pena ma li ha anche condannati a risarcire con complessivi 800 mila euro i familiari dei due subacquei istriani da tempo costituiti in giudizio con gli avvocati Paolo Volli e Alessandro Giadrossi. (l.t.)
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