Taxi-ambulanza, 70 euro per tornare a casa

«O paghi subito o non sali in ambulanza».
I pazienti più deboli dimessi dagli ospedali cittadini ora si trovano di fronte a questa cruda e inaspettata alternativa. Le ambulanze del “118” che per più di 40 anni hanno svolto questo servizio, sono disponibili a trasportarli nelle case di riposo o nelle loro abitazioni solo saltuariamente in casi eccezionali e non altrimenti risolvibili. Da più di un mese invece questo servizio socio - sanitario dedicato a chi si muove con difficoltà sulle proprie gambe e spesso non è in grado di salire da solo le scale di casa, è stato infatti privatizzato ed è affidato a prezzo libero a un nutrito numero di società, cooperative e altre associazioni dotate di ambulanze più o meno recenti ed efficienti.
In totale sono tredici le “sigle” che si sono candidate a prestare a pagamento il servizio di “taxi sanitario” e sono state accolte in una apposita “lista”.
Nonostante la deregulation e il gran nunmero di sigle che operano tra Trieste, Monfalcone e Gorizia, nei fine settimana è comunque difficile trovare in tempi decenti un’ambulanza disponibile a trasportare a casa chi è stato dimesso ad esempio dall’ospedale con una gamba completamente ingessata. Anche nei giorni feriali i tempi di attesa sono lunghissimi, mentre i prezzi richiesti oscillano come lo spread: a piacimento delle varie organizzazioni presenti sul mercato del trasporto degli infermi.
Il problema oltre a mettere in imbarazzo i più anziani e ad alleggerire il loro magro portafoglio, crea anche disguidi all’interno dei reparti ospedalieri. Quando un anziano non autosufficiente viene dimesso, un infermiere deve mettersi al telefono e cercare tra le tredici “sigle” quella disponibile a trasportare il paziente a casa. In caso di diniego delle prime organizzazioni contattate, la ricerca telefonica deve continuare finché un responsabile di qualche “croce” bianca, rossa, verde o blu, non dice sì. «Arriveremo nelle prossime ore».
Al momento dell’imbarco sull’ambulanza, - nella grande maggioranza dei casi- l’ex ammalato deve immediatamente versare al capomacchina il denaro richiesto per il trasporto. C’è chi per essere trasferito dall’Ospedale di Cattinara alla sua abitazione posta nel rione di San Giovanni, si è visto chiedere anche 70 euro. C’è chi per due chilometri o poco più di percorso, ha dovuto sborsare 55 euro. Altre volte i prezzi sono stati più onesti ma comunque ben diversi tra una “croce” e l’altra. Non è nememno chiaro quale sia il carico dell’iva che va applicata alla fattura o sulla ricevuta. Ammesso che il trasportato o un suo parente, richieda il documento fiscale in quei difficili momenti.
Finché questo servizio era stato gestito direttamente dal “118”, la stessa Azienda sanitaria aveva stabilito le tariffe: 29,75 euro per i viaggi con un percorso inferiore ai dieci chilometri; 42,35 euro per trasferimenti più complessi e prolungati. Spesso però sulla stessa ambulanza venivano accolti due pazienti che risiedevano nello stesso rione o in quartieri adiacenti: il costo del trasporto si dimezzava, sia per i percorsi inferiori ai 10 chilometri che per quelli superiori. Va aggiunto che esisteva ed esiste ancora formalmente un numero telefonico interno - il 5095 - a cui facevano riferimento tutti i reparti ospedalieri nel momento in cui un paziente infermo o con difficoltà di movimento doveva essere dimesso.
Ora invece l’Azienda ospedaliero universitaria ha dovuto inviare a metà febbraio a tutti i responsabili dei Reparti del nosocomio di Cattinara e dell’Ospedale Maggiore un elenco delle 13 “sigle” disponibili ad effettuare il servizio di taxi sanitario. Il documento è firmato dal direttore medico di Cattinara, Lucia Pelusi. «I trasporti a domicilio in ambulanza sono richiesti e pagati dall’utente» si legge nella circolare che spiega ai dirigenti medici e infermieristici che «il paziente deve essere informato che con la richiesta di tale trasporto se ne assume i relativi oneri economici».
Gli unici casi che rimangono esclusi dal pagamento sono quelli «compresi nei percorsi di continuità assistenziale, per i quali esiste una specifica convenzione con l’Aziensa sanitaria numero Uno».
In altri termini non deve essere pagato un euro da chi viene trasportato dopo le dimissioni dall’ospedale in una Residenza assitenziale assistita.
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