Top 500: il Fvg ha superato la crisi

Presentato a Trieste il dossier de Il Piccolo e Pwc. Il dialogo con Federico Rampini: "Il baricento non è più l'Europa"
La presentazione di Top 500 al Magazzino 42 di Trieste
La presentazione di Top 500 al Magazzino 42 di Trieste

TRIESTE. Il 2014 ha visto chiudere i bilanci del Friuli Venezia Giulia con segnali di ripresa. Le aziende regionali stanno facendo ripartire i motori, e il vero traino della crescita sono le esportazioni: nel 2014 sono cresciute del 5,3% a livello generale, mentre la media nazionale è del 2%. I ricavi totali aggregati delle prime cinquecento imprese regionali sono cresciuti del 5%, e il 65% di queste aziende ha visto crescere il proprio dato individuale.

Sono alcuni dei segnali di speranza emersi durante la presentazione di "Top 500: le imprese del Friuli Venezia Giulia", il dossier realizzato da Il Piccolo e PwC in collaborazione con Fondazione Nordest e Autorità portuale. I contenuti dell'indagine sono stati presentati al Magazzino 42 di Trieste, alle spalle della Stazione Marittima. In apertura sono saliti sul palco il direttore de Il Piccolo Paolo Possamai, moderatore della serata, Cristina Landro di PwC, il direttore dei quotidiani locali del gruppo Espresso Roberto Bernabò.

Quest'ultimo ha spiegato come "Top500" sia un tassello di un progetto per la copertura informativa dell'economia del Nordest: «Le altre gambe sono la sezione sui siti comune ai nostri sei quotidiani dell'area, Nordest Economia, e un'Ezine che abbraccia tutti i giornali». Lo stato dell'economia regionale è stato delineato nelle relazioni Gianluca Toschi di Fondazione Nord Est (“Le performance delle prime 500 imprese del Fvg”) e Nicola Anzivino di PwC (“Innovare per crescere: percorsi di sviluppo e d’investimento per le aziende del Nord Est”). Il quadro è stato poi proiettato sullo scenario globale dall'intervento di un testimone d'eccezione, il giornalista di Repubblica Federico Rampini.

Tratteggiando i temi del suo ultimo libro, "L'età del caos", in un dialogo con Possamai, la storica firma degli esteri ha spaziato dall'Avana alla Cina. «Ho visitato Cuba in occasione del ristabilimento delle relazioni diplomatiche con gli Usa - ha raccontato -. Oggi colpisce il cimitero monumentale dell'Avana, dove le tombe ricchissime del passato di Cuba vengono visitate soltanto da persone molto povere. Mi è sembrata una metafora del nostro mondo: per la prima volta i nostri nipoti staranno meno bene di noi».

Secondo Rampini l'attuale «caos geopolitico» non è privo di una sua logica: «Assistiamo a un evento inaudito. Si sta chiudendo sotto i nostri occhi un periodo durato mezzo millennio. Quello iniziato con le grandi scoperte e la fondazione dei grandi imperi coloniali». Questa fase di dominio dell'Europa (o dell'Occidente) «è durata cinque secoli ma sta finendo».

«Cina e India erano le civiltà più ricche e avanzate prima del nostro turno, ora il baricentro torna lentamente verso di loro». Il termine «lentamente» va sottolineato: «Siamo in una fase di transizione in cui manca un nuovo ordine che sostituisca il vecchio. Non ci sono più le condizioni per la Pax americana ma non c'è all'orizzonte una Pax cinese. Periodi turbolenti come questi possono durare a lungo».

Il problema, ha aggiunto, sta nella capacità di lettura delle classi dirigenti: «Se hanno letto qualcosa, si sono formate sui libri del Novecento. Ma a quell'epoca non tornerà più. Dobbiamo essere pronti a navigare in acque sconosciute». Rampini è attento come sempre al fenomeno cinese: «La classe dirigente di Pechino non ha sudditanze psicologiche verso di noi. Xi Jinping è un gigante non solo per la statura, e ha concentrato su di sè un livello di potere mai visto dai tempi di Deng Xiaoping».

Il presidente cinese «è molto innovativo su questioni come il cambiamento ambientale, ma non si sogna nemmeno di considerare il modello politico occidentale. Per lui il sistema autoritario e centralizzato della Repubblica popolare è migliore del nostro. Anche se poi, andando a vedere, anche lì esistono linee di frattura». In questo panorama convulso, «trovare una logica nel caos, vederne le cause profonde, può servire a rendere il nostro presente un po' meno angosciante. "L'età del caos" è anche una sorta di manuale di sopravvivenza».

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