Trieste, anche le navi in lotta con la bora
Due rimorchiatori guidano una Ro-Ro all’ormeggio, sospese per 4 ore le operazioni sui container

TRIESTE.
Due rimorchiatori per guidare una nave Ro-Ro fino all’ormeggio. Un’immagine inconsueta, ma non un inedito per il porto di Trieste. Succede, nelle giornate di vento forte, come quella di ieri, quando peraltro in mattinata le raffiche di bora hanno oltrepassato la soglia dei cento chilometri orari. Le folate hanno creato qualche disagio all’attività dello scalo, limitata per alcune ore con il blocco all’accesso delle navi e lo stop dalle 7 alle 11 alle operazioni di carico e scarico dei contenitori attraverso le gru, in attesa che le sfuriate di Eolo calassero.
Una situazione che statisticamente è comunque una rarità, come per gli altri scali italiani: a Trieste capita infatti, in media e sommando le singole interruzioni, per un paio di giornate l’anno e, appunto, non in maniera continuativa nelle 24 ore. Così, si diceva, anche per una Ro-Ro in arrivo da Istanbul con svariati Tir turchi a bordo è stato necessario ieri poco prima delle 15 applicare la prassi che solitamente si usa per le petroliere dirette verso la Siot. Prima di agganciare i due rimorchiatori, però, l’equipaggio ha accolto a bordo un pilota della Corporazione di Trieste, partito assieme a un collega su una pilotina dalla sede di molo fratelli Bandiera.
Via, a velocità sostenuta, verso l’imbarcazione in attesa. Con le onde da «saper cavalcare» per evitare che «facciano rollare» la barca, spiega Nicolas, tecnicamente pilotino, incaricato di guidare il vicino pilota, Dario, al traghetto Ro-Ro. Impresa non semplicissima, visto l’impeto del mare al quale però i piloti sono abituati. «Usciamo con qualsiasi condizione», aggiunge Nicolas. «Se le onde arrivano di poppa, si può viaggiare a velocità superiore», gli fa eco Dario. Che poi aggiunge: «Benedetta l’estate...», quando il vento non si fa tanto cattivo: «Di mattina, oggi (ieri, ndr), le raffiche erano tre volte più forti», aggiunge tra una comunicazione radio e l’altra. Bisogna coordinare le operazioni, con la nave turca e con l’ormeggio 32 del Molo Quinto, obiettivo finale del viaggio.
Il tutto in quella che di fatto è la lingua franca dell’Occidente, l’inglese. La pilotina saltella sul mare, aziona i tergicristalli come fosse un’automobile costretta a circolare sotto un acquazzone, e si affianca infine alla nave. Un paio di manovre di aggiustamento e il pilota, Dario, può cambiare sistemazione e andare a supportare il capitano della Ro-Ro nell’ingresso al molo. Il tutto mentre la pilotina fa il suo rientro alla base, con le onde che - al contrario dell’andata - provengono da prua, frontalmente rispetto allo scafo. Che, a tratti e per la tanta acqua che lo avvolge, diventa «come un sommergibile», scherza Nicolas, uno dei 6 pilotini cui si sommano altri 9 piloti della Corporazione locale: un servizio sempre attivo, 24 ore su 24 e sette giorni su sette.
«L’entrata in porto, questa mattina (ieri, ndr), era effettivamente impedita - spiega Enrico Samer, amministratore delegato della Samer&co. shipping, uno dei principali terminalisti triestini -. Devo però sottolineare che capita davvero di rado di perdere una giornata di lavoro a causa del vento e delle condizioni meteomarine. Direi una o due volte l’anno: al massimo, in certi casi, si accumulano 7-8 ore di ritardo, ma anche qui si tratta di meno di dieci volte in dodici mesi». Già, perché l’emergenza folate, in città, non è effettivamente tale. Nella città della bora, la raffica è consuetudine: «A Trieste il vento forte è qualcosa di conosciuto - chiarisce Samer - e quindi incide meno rispetto a un porto che non ci è abituato. I moli sono stati quasi tutti realizzati con un orientamento coincidente con la direzione della bora. Inoltre, le previsioni meteo, per sapere quando il vento cala o cessa, sono sempre abbastanza precise».
«E comunque - rassicura Samer - la presenza della bora non incide sulla scelta degli armatori di approdare a Trieste o meno. I porti vicini, infatti, o hanno più vento di noi, come quello di Fiume, oppure spese portuali più elevate, come a Venezia». Al Molo Settimo, tra le 7 e le 11 di ieri mattina, è scattata l’interruzione delle operazioni sulle gru per le condizioni di vento. «Rispettiamo scupolosamente le regole di sicurezza, che ci pongono dei limiti per lavorare sulle singole strutture - spiega Fabrizio Zerbini, amministratore di Trieste marine terminal che gestisce il Molo Settimo -. Queste sono dotate di anemometri che misurano la forza delle raffiche: se superiore al limite previsto dalla macchina, la stessa si ferma. Inoltre, ci sono anche situazioni particolari come quelle di operazioni ad altezze importanti, in cui, nonostante la velocità della bora consentirebbe di proseguire, blocchiamo il lavoro a tutela della sacrosanta sicurezza del lavoratore».
«In ogni caso, dal punto di vista statistico - conclude Zerbini -, negli ultimi cinque anni, l’incidenza media su base annuale del vento è stata di 2-3 giorni di lavoro persi, peraltro non continui nell’arco delle 24 ore. Un quadro sostenibile e gestibile, in linea con quello degli altri porti».
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