Trieste, "Bottega del vino" in crisi dopo tre anni di “bonus”

La società che ha in gestione lo storico locale del castello di San Giusto all’inizio del contratto ha potuto non pagare il canone
Foto BRUNI TS 27 07 99 BOTTEGA del VINO
Foto BRUNI TS 27 07 99 BOTTEGA del VINO

Sull’onda lunga della crisi che sta investendo gli esercizi pubblici un altro dei locali storici cittadini è davanti a un bivio: è la Bottega del vino all’interno del Castello di San Giusto che attualmente schiude le proprie porte soltanto a singhiozzo, su prenotazione o in occasione di eventi particolari, banchetti nuziali e rinfreschi, nonostante una reinaugurazione in grande stile avvenuta il 22 settembre 2010 dopo un quarto di secolo di chiusura. «D’inverno questi locali medievali sono umidi, non risultano molto attrattivi - afferma Pietro Savarese, socio di riferimento della società Agi che detiene il 50% delle quote della Tergestum concessionaria della Bottega - abbiamo comunque già una trentina di prenotazioni per il festeggiamento di ricorrenze nei prossimi mesi, ma ora non possiamo permetterci di tenere aperto ogni giorno. Da maggio però, con l’arrivo finalmente della bella stagione, intendiamo farlo. È invece aperto ogni giorno il bar». Tra il dire e il fare però c’è di mezzo il portafoglio perché il periodo di franchigia che ha permesso alla Tergestum di non pagare il canone per i primi tre anni è scaduto. Sta scritto nell’articolo 5 del contratto stilato il 24 marzo 2010 tra il Comune e la Tombacco srl alla quale è poi subentrata la Tergestum: «Per consentire un adeguato avviamento dell’attività e ammortamento degli investimenti, il concessionario è esonerato dal pagamento del canone per i primi tre anni». Procedura lecità? «Certamente - afferma Gilberto Paris Lippi vicesindaco all’epoca della firma del contratto - poiché in cambio dell’esonero di tre anni di canone il gestore spese diverse decine di migliaia di euro per l’adeguamento dei locali adibiti a cucine, il loro arredo e gli impianti elettrici, nonché per lavori necessari all’eliminazione di una serie di infiltrazioni d’acqua». Va rilevato comunque che nel 2008 il restauro dei locali della Bottega del vino era costato all’amministrazione comunale un milione e 550mila euro dei 7 milioni complessivamente spesi per restituire alla città l’intero complesso del Castello di San Giusto.

Per la Bottega del vino ora il tempo è scaduto e la società concessionaria è tenuta a versare al Comune 11mila euro al mese che fanno 132mila euro all’anno. «Non ce la facciamo, abbiamo chiesto al Comune di ridurci il canone nella misura di un 50% - dice Savarese - pensiamo che saremo compresi. In caso contrario dovremo valutare se saremo in grado di continuare o meno». E secondo voci se non accontentata, la società sarebbe pronta a lasciare. Il sindaco Roberto Cosolini non può esprimersi ufficialmente. «Sulla richiesta saranno gli uffici a fare l’istruttoria e poi si pronuncerà la giunta - spiega - ritengo però difficile che si possa dimezzare il canone senza rifare la gara». Quella conclusasi nel 2010 era stata la seconda gara dopo che una prima era andata deserta. Unico proponente era stato Claudio Tombacco della Tombacco srl che aveva appunto offerto 132mila euro all’anno più Iva. Da allora molte cose sono cambiate. Subito in società con Tombacco erano entrati lo stesso Savarese che gestisce tra l’altro la pizzeria Peperino di via Coroneo e Enrico Samer, terminalista e agente marittimo con interessi ramificati. Poco meno di un anno fa però Tombacco e Samer sono usciti dalla società. «Le cose non sono andate come speravo - aveva commentato Claudio Tombacco titolare di un’azienda di distribuzione bevande e gestore della ditta Bischoff e del caffé Tommaseo - il progetto era di un locale che intercettasse i turisti delle crociere, poi il locale ha preso un’altra strada». Anche le crociere del resto hanno preso una strada diversa rispetto a quella di Trieste e ancor più specificatamente per il medesimo motivo aveva lasciato anche Samer. A loro è poi subentrata la Fede group, la società che gestisce anche il ristorante Savoy all’interno dell’albergo Savoia Excelsior palace, ma anche alcuni ristoranti prestigiosi a Milano come quello all’interno della Scala. La Fede group ha acquisito metà delle quote, l’altra metà fa riferimento all’Agi di Savarese.

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