Trieste città del caffè sin dal Settecento

Già allora nel porto arrivavano le navi cariche di chicchi dall’Egitto e dalla Turchia

Trieste è una città che profuma di caffè. Passeggiando, ad ogni angolo di strada c'è qualcosa che lo ricorda: un odore, un'immagine, un bar pieno di gente, un manifesto, una mostra. Molte sono le cose che rimandano al caffè e anche molti i modi diversi di berlo (nero, capo in b, deca ecc.): fanno parte di quel bagaglio culturale, storico ed economico che lega da più di 200 anni la città a questo "frutto".

Già nel '700 il porto di Trieste era pieno di navi cariche di caffè provenienti dall'Egitto e dalla Turchia, ma è nell'800, grazie anche all'istituzione del Porto Franco, che Trieste diventa il principale porto dell'Impero Asburgico, dando così un forte impulso al mercato del caffè. In città nascono le botteghe del caffé, dove si può bere e acquistare questa "esotica" bevanda nera. Intorno ad esso si crea un imponente fermento commerciale: vengono fondate decine di ditte di importazione, aziende di lavorazione, torrefazioni, botteghe e caffè concerto. Così la città vive in simbiosi col prodotto, che diventa uno dei fattori più importanti per la sua crescita economica e culturale. Un esempio tra i tanti è l'istituzione della Borsa del Caffè che, inaugurata nei primi del '900, già dopo pochi anni raggiunge i quasi due milioni di sacchi sbarcati in un anno.

Ma il legame tra la città e il caffè è ancora così forte? A girare per le strade e a sentire la gente si direbbe proprio di sì. Anche nel parlare di ogni giorno si trovano le tracce di quel forte legame che c'è tra questa città e il caffé: "Un capo in b. senza" dice un triestino al barista che non fa una piega mentre un cliente accanto, magari un turista, fa un'espressione stupita e aspetta di vedere cosa esce da dietro la macchina del caffè (un macchiato in bicchiere senza schiuma).

Pure qualche numero può chiarire l'importanza di questo prodotto per l'economia della città e palesare, su un altro versante, la forte connessione Trieste-caffè: il 30% del caffè importato in Italia passa attraverso il nostro porto, 10.000 i container movimentati all'anno, 40.000 metri quadrati di magazzini con un milione di sacchi in giacenza all'anno. In tutto questo business lavorano 1.000 persone e il fatturato di questo affare è di quasi 600 milioni di euro. Linguaggio, porto, città, economia, posti di lavoro: il tutto è attraversato dal filo rosso che testimonia come questo prodotto sia così importante per la vita stessa della città.

E domani? Fino a quando Trieste sarà la capitale del caffè, così come celebrata in convegni, mostre e anche all'Expo di Milano del 2015? Forse il destino stesso della città è condizionato proprio dal caffè. Le vie commerciali di questa "esotica" bevanda potrebbero non incrociarsi più con Trieste e prendere altre strade e altri porti, mediterranei o dei mari del nord. Basterebbe solo pensare che un sorso di caffè è un sorso anche del nostro futuro. Una città dinamica con un porto (nuovo o vecchio che sia) in espansione, una rete commerciale e una viabilità alle spalle sarebbero l'occasione di un nuovo impulso per Trieste. Una città che si attiva per non perdere il caffè, e il caffè ancora una volta sarebbe un'opportunità per far ripartire una città con un'economia sempre più stanca. I loro destini si sono sempre incrociati e sono inscindibili. Speriamo che il profumo del caffè non svanisca lasciando una città in declino. Trieste non può dormire sul passato, deve svegliarsi: con un capo in b., naturalmente.

Marta Carretta

IV G

Liceo Oberdan

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