Trieste e Napoli, diverse su tutto ma unite dal caffè

La guida firmata Micol Brusaferro e Chiara Gily sarà presentata lunedì alla pizzeria Peperino

TRIESTE Vivere in una città di mare ha un fascino tutto suo. Perché bearsi della superficie infinita del blu è sicuramente più appagante che perdersi nel cemento armato, perché quasi sempre ci saranno un molo o una marina dove passeggiare tra le barche a vela, senza trascurare il valore aggiunto di far sentire chi ci vive sempre un po’ in vacanza alla faccia di chi il fine settimana per fuggire dal logorio della vita moderna è costretto ad affrontare le forche caudine delle tangenziali.

Ciò premesso, la grande differenza la fanno gli abitanti, che ne rappresentano l’essenza. Anche e soprattutto nelle diversità, come i nordici triestini dell’Alto Adriatico versus i napoletani del Basso Tirreno. A scrivere una frizzante guida sui principali tratti caratteriali, vezzi e pregi la giornalista e blogger triestina Micol Brusaferro e la commercialista e blogger napoletana ma triestina d’azione Chiara Gily, autrici a quattro mani di “Triestini & Napoletani, istruzioni per l’uso” (Ed. Bora.la, euro 10), che sarà presentato lunedì pomeriggio alle 18, alla pizzeria Peperino di via Coroneo 19, dalle autrici stesse.

Come anticipano in quarta di copertina, “un divertente viaggio tra sole e bora alla scoperta dei migliori difetti dei napoletani e dei peggiori pregi dei triestini. O viceversa”, per sorridere e scoprire in una sorta di crossing nordico-mediterraneo idiosincrasie, usi e costumi, nonché gli abiti mentali che compongono il dna di ambedue le città.

Le blogger-amiche di penna hanno strutturato a specchio il volumetto diviso in capitoli con topics che distillano il succo della napoletanità e della triestinità. Ad aprire il “catalogo” un argomento di life-style: la domenica. Ed è sul come, con chi e facendo cosa si trascorre la giornata libera che le diversità saltano all’occhio.

Come spiega Gily, chi vive all’ombra del Vesuvio pregusta sin dal mattino la maratona festiva: “Proporre un brunch a un napoletano equivale a una bestemmia. La domenica si passa a casa, in famiglia, dove si resta a chiacchierare a tavola fino a tardi”. In parole povere, niente spuntini rapidi ma luculliane tavolate a casa di mamma, dove le portate si susseguono in un’orgia calorica.

“Di tutt’altra specie invece la domenica del triestino doc - scrive au contraire Brusaferro - che, soprattutto d’estate, deve uscire quanto prima di casa. E, siccome, la stessa pensata l’hanno anche gli altri, si ritrova imbottigliato a Barcola imprecando infastidito”. La domenica consuma un veloce “rebechin” prima di dedicarsi a passatempi salutisti e ginnici, oppure alla cura della barca unito all’evergreen dell’abbronzatura stile grigliata a fuoco lento.

Sul mare, quale ingrediente della città, ambedue gli abitanti concordano. Vale a dire, che è un elemento imprescindibile della loro esistenza. “Ma sì pazz, e senza o’ mar, ma comm fai?”, è l’istintiva risposta a un conoscente che sta per lasciare Napoli.

Mitigata, se il trasferimento è in un’altra città di mare da “vabuò, ma tanto pure là ce sta o’ mar”, come si è sentita dire Gily quando dieci anni fa decide di trasferire armi e bagagli nella nostra città. Anche il triestino si sente orfano se deve lasciare la città. Quando torna, fa la strada lungo il mare perché “quando fazo la Costiera e vedo el golfo me se verzi el cuor”.

Nel visavì giuliano-partenopeo non possono mancare la mamma, pragmatica e spiccia quella triestina e in stile “i figli so’ piezze e core” quella napoletana, la guida, il matrimonio (che per i napoletani è un luna park chiassoso mentre per i triestini è una faccenda riservata). Senza scordare il caffè, per tutte e due le città patrimonio dell’umanità: il classico nero napoletano servito ristretto e in tazza bollente, mentre Trieste sfoggia svariate colorite varianti, dal “nero in B” al “deca”, dal “goccia” al “capo”, fino allo “slonz”.

Le ultime pagine del libro sono un breve vademecum di ciò cui un napoletano e un triestino non potrebbero mai rinunciare: calcio, famiglia, il mangiare e il gesticolare il primo, andare al bagno, l’osmizza, la Napoleonica e il parlare in dialetto il secondo. Per assaporare le diverse sfumature campaniliste la presentazione (è preferibile la prenotazione) è seguita da una cena con menu napoletan-triestino.

©RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Argomenti:libriguide

Riproduzione riservata © Il Piccolo