Trieste pronta a svelarsi a cento milioni di russi grazie ai prigionieri zaristi della Grande Guerra

La storia
La promozione turistica passa anche per i prigionieri zaristi della Grande guerra usati allora come becchini a Sant’Anna. «Questa è un’occasione importante per Trieste, per far conoscere la sua storia e gli eventi legati alla Prima guerra mondiale, in particolare le vicende dei prigionieri russi in città in quel periodo», racconta l’assessore comunale al Turismo Maurizio Bucci, che ieri ha accolto nella sala del Consiglio comunale alcuni rappresentanti della troupe dell’emittente televisiva Htb-Ntv che sta girando in città le riprese di un documentario da 44 minuti proprio sui prigionieri zaristi a Trieste durante la Grande guerra, dopo quello di quattro minuti girato a Ntv International e trasmesso un anno fa (il 21 settembre 2017) dalla tv russa.
«La realizzazione del documentario che sarà trasmesso da un’importante emittente russa che conta ben 100 milioni di telespettatori – sottolinea Bucci – sarà anche una grande opportunità per diffondere in Russia le peculiarità del nostro territorio e del Porto vecchio a livello turistico». A raccontare il progetto documentaristico c’erano ieri il regista Elkin Mikhail, la sceneggiatrice Vasilenko Nadezhda, l’attrice Olga Bulle e la traduttrice Iryna Boruscovska. Alle riprese, della durata di quattro giorni, collabora anche la Pro Loco Trieste con il sostegno dell’assessorato al Turismo del Comune. Il progetto è nato infatti dalla curiosità storica di due soci della Pro Loco di Trieste: Marija Pudane e Mauro Nadlisek. Incuriositi da alcune conferenze sul tema dei prigionieri russi dell’Impero austroungarico nel retroterra triestino, tenutesi per il centenario della Grande guerra, si sono trasformati in detective alla ricerca delle poche tracce ancora esistenti di quei fatti, intervistando alcuni abitanti del Carso, svolgendo indagini negli archivi del Comune.
La troupe russa, composta da sette persone, è arrivata venerdì in Regione e ha girato numerose riprese, che si sono svolte tra il Sacrario di Redipuglia e Opicina, dove sono stati filmati la collina con la “Strada russa”e le trincee e i bunker di seconda e terza linea costruiti dai prigionieri russi. A Trieste, oltre a piazza Unità e al bacino San Giusto, la troupe ha avuto accesso ai sotterranei della chiesa di Santa Maria Maggiore, al Castello di San Giusto (dove alcuni prigionieri erano custoditi), alla sala del Consiglio comunale, ma anche alla Chiesa Serbo-Ortodossa e al Porto vecchio. Il documentario prova a raccontare la storia sconosciuta di questi prigionieri zaristi dell’Impero austroungarico che venivano utilizzati per la costruzione di ferrovie, acquedotti, strade, ma anche per lo scavo di trincee.
Ma non solo. «Questi prigionieri venivano usati per seppellire i morti della febbre spagnola del primo dopoguerra. Facevano sostanzialmente i becchini e ricevevano anche uno stipendio», aveva fatto sapere già lo scorso anno Bucci. “Prigionieri della storia”, dimenticati, che, ironia della sorte, potrebbero far conoscere Trieste a 100 milioni di russi. —
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