Trieste rende omaggio ad Aldo Leggeri tra i pionieri della chirurgia moderna

il ricordo
Fu Pietro Valdoni, triestino di nascita, pioniere della tecnica chirurgica e caposcuola della moderna chirurgia italiana, a mandare nel lontano 1967 da Roma a Trieste il suo aiuto Aldo Leggeri, che divenne così uno dei padri fondatori della neonata Facoltà di Medicina dell’Università di Trieste e della Scuola di specializzazione in Chirurgia. Da allora la passione per la Chirurgia non lo ha mai abbandonato. Fino all’ultimo, racconta la moglie, Christia Chiaruttini, già console onorario di Francia a Trieste (da settembre l'incarico è affidato a Riccardo Illy), Leggeri «è stato capace di tenere con estrema lucidità a noi parenti e amici una lezione di Anatomia e di Patologia chirurgica».
Con la scomparsa di Leggeri, morto a 92 anni alla vigilia di Natale, se ne va insomma un protagonista importante del mondo della Medicina di Trieste. Quello stesso mondo che oggi lo saluterà per l’ultima volta alle 11 nella chiesa di Notre Dame de Sion, scelta per il funerale.
L’impegno di Leggeri nella medicina triestina si consolidò anche con la realizzazione di varie Scuole, tra cui quella per infermieri. Oltre a presiedere la Facoltà di Medicina per nove anni e a dirigere la Scuola di specializzazione in Chirurgia generale, in Urologia e in Chirurgia toracica, riuscì inoltre a rendere all’avanguardia la chirurgia triestina. Questo, grazie all’importanza che diede al video, utilizzandolo anche nell’ambito didattico e divulgativo. «Ciò gli permise di migliorare l’insegnamento e quindi di far vedere agli studenti nel dettaglio come si operava – racconta ancora la moglie, che il professore lascia assieme a due figli e due nipoti -. Prima c’era l’anfiteatro con il chirurgo che operava in mezzo mentre gli studenti stavano attorno, guardando dalle scalinate. Un metodo arcaico. Per superarlo mio marito aveva ideato una formula alternativa con dei tecnici di laboratorio che filmavano tutto il suo intervento con una telecamera posizionata sopra la sua testa, registrando così le singole tappe dell’operazioneo, dall’incisione ai punti di sutura. Del laboratorio di chirurgia sono conservati centinaia di video, rimasti ora in Facoltà a costituire un patrimonio culturale non indifferente. Video che lui portava all’estero ai congressi e che gli sono valsi anche due premi a un particolare convegno».
All’Università incrociò anche Cristiano Degano, oggi presidente dell’Ordine dei giornalisti, ma all’epoca studente di Medicina nonché amico di famiglia. Ed è lui a ricordare come Leggeri seguì fino agli ultimi giorni Nereo Rocco, ricoverato nel reparto di Chirurgia a Cattinara.
Suo primo allievo e poi suo successore, anche come direttore della Clinica Chirurgica, fu Gennaro Liguori. I due medici si erano conosciuti nella biblioteca universitaria della Clinica Chirurgica a Roma. «Lì Leggeri si fermava sempre per studiare e prepararsi – sottolinea Liguori -. Per qualche mese ero stato con lui in reparto. Era poi partito per Trieste e quando divenne professore di Patologia chirurgica, mi telefonò e mi chiese di raggiungerlo a Trieste e io senza esitare, presi mia moglie e mio figlio Giovanni (oggi professore associato in Urologia, ndr) e lo raggiunsi. È stata una fortuna per me essere uno dei suoi allievi».
«Leggeri – continua Liguori - raggiunse il punto più alto della carriera quando fu chiamato a Parigi dalla più importante associazione dei chirurghi francesi per presentare un suo lavoro. Era un clinico esperto, seguiva lui direttamente i malati, prima e dopo l’intervento, e noi imparavamo a fare lo stesso».
Tra i corridoi d’ospedale Leggeri conobbe anche Gianfranco Sinagra, oggi direttore del Dipartimento Cardiotoracovascolare Asugi-UniTs, che osserva: «Aveva una forte personalità e autorevolezza. Lo conobbi 20 anni fa per una sua vicenda cardiologica familiare nella quale mostrò grande intensità di sentimenti. Poi da preside avevo apprezzato una forte attenzione alle ragioni del merito al di là delle appartenenze corporative. Più recentemente mi aveva colpito una tenerezza e delicatezza che, pur nella sofferenza, convivevano con la fierezza di una forte personalità».
Una volta andato in pensione - tappa vissuta peraltro con tristezza, poiché avrebbe voluto insegnare fino all’ultimo giorno della sua vita -, Leggeri nel 2005 fu nominato dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi «Grande ufficiale ordine al merito della Repubblica italiana» e nel 2009 fu designato professore emerito della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Trieste. Ma non mollò del tutto la cattedra, perché come professore a contratto continuò a seguire alcuni specializzandi anche dopo la quiescenza. La Clinica è retta oggi dal suo allievo Nicolò de Manzini, rientrato nel 2003 dopo 17 anni all’estero. «Fui suo studente interno e mi laureai con il professore – afferma -, e dal giorno dopo iniziai questo percorso a tempo più che pieno, fatto di studio, di attenzione maniacale ai pazienti, di documentazione precisa e didattica di quanto facevamo. Fatica ed entusiasmo erano una cosa sola, che ha portato molti di noi ad essere apprezzati in Italia e all’estero. Leggeri seguì la mia carriera all’estero e fu l’artefice del mio rientro. La vita ha fatto sì che alcuni di noi allievi portassimo avanti assieme il suo messaggio di rigore clinico e d’insegnamento. Quattro anni fa lo invitammo ad assistere a un intervento ad altissima tecnologia, con riprese ad alta definizione, tutte cose di cui era stato il pioniere e che seguì con competenza e interesse, uscendo dalla sala operatoria ringiovanito e felice: vide che avevamo raccolto il testimone». —
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