Trieste, svela il gas letale in grotta con la sua laurea a 69 anni

TRIESTE È uno dei misteri del mondo sotterraneo: in alcune grotte e abissi, in particolare del Carso triestino, scendendo in profondità cala notevolmente la percentuale dell’ossigeno nell’aria e sale contemporaneamente la percentuale dell’anidride carbonica, fino a due volte e più di quella che si registra all’aria aperta.
Un fenomeno (“qualcosa di strano nell’aria”) nel quale nel corso dei decenni si sono imbattuti e si imbattono ancora gli speleologi: affaticamento, fiato grosso, fiamme delle lampade a carburo o degli accendini che si spengono all’improvviso, in qualche raro caso confusione e perdita dei sensi. Per esempio nelle varie fasi d’esplorazione dell’Abisso Luftloch - tuttora in corso -, è stato necessario allestire un ardito impianto di riciclo dell’aria utilizzando trecento metri di tubo corrugato.
Ma perché succede? Perché in alcune cavità si riscontra il fenomeno e in altre no? A dare una prima risposta a questo mistero della natura ci ha pensato Sergio Dambrosi, storico presidente della Società adriatica di speleologia e responsabile della Stazione sperimentale ipogea dell’Abisso di Trebiciano (in fondo al quale scorre il fiume Timavo) che alla giusta età di 69 anni si è laureato in Geologia all’Università degli studi di Trieste con una tesi intitolata proprio “Indagine sulla presenza del diossido di carbonio in alcune cavità del carso classico” (relatore Luca Zini, correlatore Franco Coren).
Una tesi che ha fatto drizzare le orecchie ai geologi e che di fatto spalanca le porte a un settore d’indagine tutto da esplorare, gettando le basi per una ricerca sistematica che può fare nuova luce sui processi carsici, nonché fornire un aiuto fondamentale agli esploratori che si infilano nei labirinti della terra.
«In alcune cavità del Carso Classico - esordisce Dambrosi nella sua tesi - è stato riscontrato un elevato tasso di diossido di carbonio, un livello che a giudizio dei medici potrebbe rivelarsi pericoloso o addirittura letale». Concentrazioni che, peraltro, possono influire «nella dissoluzione dei carbonati e comprenderne la rilevanza ci permetterebbe di capire come si evolve il carsismo in profondità».
Non è stato facile per Dambrosi portare avanti il suo lavoro, nonostante l’appoggio dell’Università, soprattutto per l’assenza sul mercato italiano delle apparecchiature adatte ai rilevamenti: sensori-trasmettitori, analizzatori a gas, appositi anemometri, tutti apparecchi fatti arrivare dalla Finlandia, dalla Cina, dalla Gran Bretagna. Dambrosi ha persino inventato e costruito una speciale stazione di rilevamento mobile, sistemata in una cassetta stagna di tipo militare, per poter compiere le misurazioni sottoterra.
Così attrezzato il laureando si è infilato nella Grotta di Lipizza, alla Grotta Claudio Skilan, all’Abisso Luftloch e naturalmente nell’Abisso di Trebiciano, che è un po’ la sua seconda casa. I risultati? «Oggi - si legge nelle conclusioni della tesi - si ha la prova che le concentrazioni di diossido di carbonio superano tranquillamente di due ordini di grandezza le pressioni parziali in atmosfera epigea», cioè all’aria aperta. In alcuni casi «ci si è avvicinati addirittura al 10% (livello letale)».
A partire da qui, adesso, c’è molto da fare: si apre un nuovo capitolo della ricerca scientifica legata all’esplorazione del sottosuolo e, tanto per fare un esempio, «ai fini della sicurezza - si legge ancora nella tesi - bisognerebbe incrementare le misurazioni - anche estemporanee - in molte più grotte di quelle esaminate per questo lavoro: un archivio di dati specifici, valido per almeno un centinaio di cavità, sarebbe il minimo indispensabile background utilizzabile per ogni futuro sviluppo scientifico».
Anche perché, e questa tesi lo dimostra, la speleologia non è un hobby per un pugno di originali scavezzacolli, come credono per esempio molti amministratori pubblici, ma un settore dell’esplorazione e delle ricerca scientifica che può fare letteralmente luce su larghe fette sconosciute del nostro pianeta. Dal canto suo Dambrosi non ha intenzione di fermarsi, e sta già pensando alla laurea magistrale.
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