Udine: le tracce inchiodano Garbino, non convince il movente

Le tracce di sangue sui vestiti e su un paio di guanti lo inchiodano. Nicola Garbino, 36 anni, studente fuoricorso di ingegneria, è l'assassino di Silvia Gobbato, la praticante legale di 28 anni massacrata a coltellate martedì mentre faceva jogging lungo l'ippovia del Parco del Cormor, a Udine. Per gli investigatori non ci sono dubbi. Il suo racconto dell'omicidio è compatibile con le tracce rinvenute sulla scena del crimine.
A non convincere appieno gli inquirenti è il movente. Garbino ha raccontato che voleva sequestrare la ragazza per chiedere un riscatto. Per questo martedì era appostato da un paio d'ore ai margini dell'ippovia, in attesa che passasse una donna minuta, da sola. Silvia era la prima. Correva piano e lui ha deciso di uscire allo scoperto. Ha spiegato che voleva trascinarla in una zona che conosceva bene, legarla a un albero e costringerla, sotto la minaccia di un lungo coltello da cucina, a chiamare a casa per chiedere un riscatto.
Si era preparato bene. Era arrivato sul posto a piedi, dopo aver lasciato l'auto lontana alcuni chilometri, nel parcheggio del cimitero di Udine, senza cellulare, per non poter essere collocato sulla scena. Forse aveva fatto anche qualche sopralluogo nei giorni precedenti. Non aveva calcolato però la reazione della ragazza. Preso dal panico ha cominciato a colpirla e l'ha uccisa, trascinandola per alcuni metri a margine del tracciato.
Secondo gli investigatori, il delitto sarebbe avvenuto in una manciata di minuti, dall'aggressione al trascinamento del corpo nel campo vicino. Proprio un attimo prima che uno dei testimoni ascoltati dai carabinieri arrivasse sulla scena, con il cane, e si accorgesse del telefonino, a terra. Alzato lo sguardo intorno, l'uomo ha riferito di aver avuto l'impressione di vedere un'ombra muoversi tra gli alberi. Probabilmente era Garbino che si stava allontanando. Lui stesso ha detto che altrimenti avrebbe raccolto il cellulare caduto a terra nella colluttazione.
Da quel momento ha vagato per ore nei campi. Si è sfilato la tuta che indossava sopra altri abiti e l'ha messa, insieme con i guanti di pile e il lungo coltello da cucina, nello zaino che ieri era andato a riprendersi e che lo ha incastrato. Nel guanto destro i carabinieri del Ris di Parma hanno già trovato sangue sia della ragazza sia di Garbino, compatibile con una ferita che l'uomo ha proprio sulla mano destra. Il coltello, con lama lunga 25-30 centimetri, sarebbe stato invece bonificato o lavato, forse nel vicino torrente Cormor. Su di esso sono state trovate infatti tracce di fango. Per stabilire se ci siano anche tracce di sangue sarà necessario sottoporlo a esami più approfonditi.
Le indagini non sono ancora terminate. «Siamo ancora in una fase di riscontro», ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri di Udine, colonnello Roberto Del Piano. Ora seguiranno tutta una serie di accertamenti sugli innumerevoli reperti raccolti sulla scena del crimine dai Ris di Parma, comandati da Giampietro Lago. Secondo quanto si è appreso, gli investigatori starebbero anche verificando l'eventualità che Nicola Garbino abbia agito per un movente diverso da quello da lui stesso denunciato. Secondo alcune fonti, le modalità dell'azione dell'uomo non convincerebbero del tutto gli investigatori: non si esclude che Garbino possa aver agito per altri scopi, ad esempio di natura sessuale.
Indagini mirano a verificare eventuali coinvolgimenti di Garbino in episodi di esibizionismo in passato. Sabato intanto si terrà l'udienza di convalida del fermo dell'uomo, accusato di omicidio volontario, a cui la Procura, come ha specificato anche il Procuratore Antonio Biancardi, contesterà probabilmente anche le aggravanti dei motivi abietti e futili e della crudeltà.
Sempre sabato mattina si effettuerà anche l'autopsia sul corpo della vittima, interrotta dopo la confessione di Garbino. (Ansa)
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