Ultimatum italiano a Cimos In bilico 1200 posti di lavoro

Niente accordo fra Croazia e Slovenia per il ripianamento dei debiti pregressi Il Fondo Palladio Finanziaria minaccia di ritirarsi dal piano di acquisizione

POLA. Il destino dei 1200 dipendenti della Cimos di Capodistria, con reparti anche a Pinguente, Rozzo e Albona, è legato all'accordo sull'acquisizione della società slovena da parte del Fondo italiano Palladio Finanziaria. Quest'ultimo ha già firmato un primo accordo con cui si impegna a versare l’importo pressoché simbolico di 100mila euro, e ad assumersi parte del debito della Cimos per 20 milioni di euro, laddove il debito complessivo è di 110 milioni, soprattutto nei confronti delle banche.

Questo però è stato solo il primo passaggio: occorre ora arrivare all’adempimento di ulteriori passaggi operativi affinché l'affare possa ritenersi definitivamente concluso. Ebbene, manca il via libera da parte dell'Agenzia slovena per la concorrenza e dell'Agenzia croata per il risanamento degli istituti di credito. Quest'ultima Agenzia vanta azioni della Cimos per 20 milioni di euro, che arrivano a quota 40-50 milioni se rivalutate dagli interessi a partire dal 1999. Sembra che le due Agenzie non abbiano raggiunto per il momento un accordo, motivo per il quale il Fondo italiano - evidentemente spazientitosi di assistere alle scaramucce tra Lubiana e Zagabria - ha posto un preciso ultimatum. E dunque, se entro il mese in corso non verranno rispettate le condizioni poste al momento della firma dell'accordo iniziale - è questo in sostanza l’avvertimento giunto dal Fondo vicentino - non resterà che ritirarsi e chiudere la partita.

Ed è, questa, una prospettiva che si tradurrebbe nell’avvio del procedimento fallimentare nella Cimos, azienda che un tempo produceva vetture e pezzi di ricambio per l'industria automobilistica francese Citroën. Qual è il pomo della discordia? Il pagamento del debito della Cimos nei confronti dell'Agenzia croata che in passato aveva risanato il suo debito nei confronti della Rijecka Banka - Banca di Fiume. Debito che automaticamente va a ricadere sulla controparte di Lubiana, in quanto la Cimos è appunto slovena. La stampa slovena scrive che Lubiana sarebbe disposta a sobbarcarsi al massimo una quota pari a cinque milioni di debito, non un euro in più. Zagabria però risponde picche. Ed è cosi che si spiegano i frequenti incontri tenuti nei giorni scorsi tra il ministro sloveno dell'economia Zdravko Pocivalsek e quello croato per il patrimonio statale Goran Mari„.

Nonostante gli annunci alla stampa sul vicino accordo, sembra che le posizioni rimangano divergenti. Goran Mari„ chiede una proroga di 10 giorni dell'ultimatum posto dal fondo italiano, che da parte sua ha già sapere di rimanere fermo sulle proprie posizioni. Nessuno dunque sembra disposto a recedere. E sullo sfondo resta la prospettiva della perdita di 1200 posti di lavoro, con le inevitabili ripercussioni sociali e occupazionali che questo comporterebbe.

La Cimos nacque nel 1972 - creata da Tomos, Iskra e Citroën - per la realizzazione di pezzi di ricambio per automobili e per sub-assemblaggi di auto. Tra il 1996 e il 1999 fu trasformata in Cimos d.d., società a controllo pubblico poi divenuta spa. Da lì partì la stagione d’oro della Cimos che nei suoi vari settori (agricolo ed energetico) fu acquisita da capitale croato, serbo e della Repubblica Ceca. La crisi esplose con l’inizio della crisi globale nel 2008. Nel 2013 fu messo a punto un programma di ristrutturazione della società che l’anno successivo determinò l’uscita dal settore dell’energia e dei macchinari agricoli incorporando la Machine Building Division in quella automobilistica. (p.r.)

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