Un bianco e un rosso super: dal Carso due vini inediti

DUINO AURISINA. Splende, potente, il sole di luglio sulle vigne, e altrettanto raggiante appare la stagione estiva per il settore vitivinicolo triestino. In barba alla crisi, alle mancate ricadute previste dalla sigla dell’Accordo di programma sulla Doc Prosecco, e alle difficoltà derivate dalle incomprensioni con l’ente regionale sulla questione cinghiali, dalla piccola ma agguerrita pattuglia dei viticoltori locali giungono in effetti importanti novità proprio adesso.
Dalle campagne di Prepotto, riconosciuto capoluogo della viticoltura alabardata, Benjamin Zidarich, uno degli elementi di punta del settore, batte un colpo che non t’aspetti con il suo nuovo Kamen. Kamen, in sloveno, significa pietra. Ed è di puro Repen, uno dei marmi più pregiati che da secoli vengono estratti dal ventre del Carso, l’elemento nel quale Zidarich ha destinato la fermentazione della sua Vitovska: «L’idea era di far fermentare l’uva in quei contenitori di pietra che, un tempo, tanti agricoltori avevano utilizzato per la conservazione dell’olio, del vino e di altri alimenti. Prendendo spunto dal passato - spiega Zidarich - ho pensato di regalare alla mia Vitovska ulteriore freschezza minerale curando la fermentazione del mosto nella pietra del Carso».
Improvvisazione? Azzardo? Nulla di tutto questo. Zidarich ha portato avanti la sua nuova “visione” già dal 2010 col sostegno e la competenza del professor Emilio Celotti, dell’ateneo udinese. I nuovi tre tini forgiati nella pietra sono stati realizzati artigianalmente da Marco e Kristian Zidaric, della vicina San Pelagio. Dopo i confortanti risultati e le conferme qualitative, ecco l’imbottigliamento di parte della Vitovska dell’annata 2013 che il viticoltore presenta proprio in questi giorni. «Siamo usciti sul mercato con circa 1.300 bottiglie - afferma Zidarich - e contiamo di incrementare la produzione il prossimo anno. Il Kamen è una Vitovska ancor più carsica, minerale, sapida, dritta. Un vino che accompagna degnamente il pesce ma sa essere compagnia elegante per una... meditazione. La filosofia di produzione rimane la stessa: rispetto della naturalità, fede totale nel territorio, impegno in vigna e attenzione in cantina».
Accanto a Zidarich, il secondo “botto” dell’estate vinicola triestina arriva ancora da Prepotto. Sandi Skerk, un altro pezzo da novanta del settore vitivinicolo indigeno, propone un Terrano 2011 da leggenda: «Questa annata è stata caratterizzata da tre mesi estivi di caldo intenso e secco, provvidenzialmente mitigati dai benefici refoli quotidiani di borino. Dal punto di vista climatico, una stagione inusitata, quasi irripetibile, che i nostri vecchi dicono di non aver mai osservato sino al 2011. L’uva è maturata perfettamente - racconta Skerk - ed è stata raccolta da vecchie viti in quantità minime in ottobre, appena prima delle pioggie d’autunno. Il risultato? Un Terrano ricco, di grande corposità e struttura, con una gradazione di 15 gradi. Quello che si beveva un tempo era caratterizzato da un’acidità spiccata, prodotto da uve coltivate in grande quantità prevalentemente su pergola. Ora la gestione in vigna è più attenta, con diradamenti e defogliature costantemente sotto controllo: il prodotto che si porta in cantina è perfetto. E il Terrano diventa ancora più interessante, ricco e corposo, con una struttura capace di coprire l’acidità».
«La viticoltura triestina sta vivendo un bel momento - commenta Matej Skerlj, presidente dell’Associazione Viticoltori del Carso - e il successo di Zidarich e Skerk è il giusto premio per un lavoro certosino svolto in campagna e in cantina. L’interesse per i nostri vini cresce, come la grande partecipazione alla recente edizione di “Mare e Vitoska”, tenutasi al Castello di Duino, ci ha confermato. I nostri numeri complessivi sono piccoli ma è sulla qualità che i nostri produttori si concentrano. I terrani, le malvasie e le vitovske sono presenti a Tokyo come a New York, perché il mercato estero è molto attento alle nostre produzioni». I problemi però persistono. «Oltre ai vincoli e alla burocrazia - chiude Skerlj - siamo condizionati dalla mancanza di superfici. Il nostro settore attrae i giovani, ma senza possibilità di espansione non c’è futuro. Chiediamo aiuto agli enti per poter crescere e impostare nuovi impianti».
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