Un bunker dalla doppia vita: prima offensivo poi difensivo

La galleria della Valletta del Corno abbozzata nella Grande Guerra e completata negli anni ’40 
Stefano Bizzi

la storia



Il bunker della Valletta del Corno risale alla Prima o alla Seconda guerra mondiale? Non è univoca la risposta alla domanda nata dopo la pulizia del verde che ha riportato alla luce i tre ingressi della cavità artificiale nell’area sotto vicolo del Guado e le vie Nievo, Porta e Gozzi; la risposta ha un sapore vagamente quantistico e dovrebbe essere pressappoco questa: «Appartiene un po’ all’una e un po’ all’altra epoca. È sia questa, sia quella, ma nessuna delle due in particolare». Potrebbe sembrare un cervellotico controsenso perché da un punto di vista temporale (e quindi logico) ciò che viene prima ingloba ciò che viene dopo: quindi, dire “Risale alla Grande Guerra” dovrebbe essere un’affermazione risolutiva. Non è così. Non è così perché la struttura come oggi la conosciamo risale, in realtà, agli anni Quaranta e quindi, alla Seconda guerra mondiale. «Si tratta di un bunker per la difesa anti-aerea risalente alla Seconda guerra mondiale», assicura Pierluigi Lodi, storico esperto della materia militare, che parla di una struttura “classica”. «È “roba” dell’Unpa, l’Unione nazionale antiaerea. Non vedo grandi differenze con le caratteristiche tipiche degli altri rifugi, il principale dei quali si trovava in piazza Vittoria, alle spalle dell’attuale cinema. Anche le scritte con la vernice sono quelle classiche dell’epoca».

Per quanto certo che le caratteristiche strutturali ed estetiche “attuali” siano quelle della Seconda guerra mondiale, Lodi però lascia aperta una porta: «È in ogni caso possibile che in precedenza ci fossero trincee che andavano fino a Straccis. È verosimile immaginare che ci fosse già uno scavo nel terreno, ma di questo, personalmente, non ho evidenza».

Evidenza di questo ce l’ha il Gruppo di ricerca storica “Isonzo”. «Grazie ad una foto abbiamo certezza che scendendo la Valletta del Corno verso la Villa dei Ritter c’era una caverna scavata dopo il giugno 1915 dagli austro-ungarici per posizionare tre obici e sparare sugli italiani che si trovavano sul Calvario», ricorda Bruno Pascoli che precisa a sua volta: «Non abbiamo però certezze sulla profondità. Potrebbe quindi essere che su un impianto di dimensioni ridotte risalente alla Prima guerra mondiale sia stato poi sviluppato nel secondo conflitto un bunker in funzione anti-aerea» .

La presenza degli obici alla Valletta del Corno garantiva ai pezzi di artiglieria di rimanere “invisibili” al nemico ma di colpire anche nelle retrovie italiane. La gittata di 6 chilometri consentiva di superare il Calvario e raggiungere le postazioni avversarie di Lucinico e Mossa. La galleria, abbandonata dopo la Grande Guerra, può essere stata successivamente ampliata e adattata alle esigenze difensive della popolazione con la costruzione del muro para-schegge (che in origine non era presente).

In sintesi, dunque, la galleria dovrebbe essere stata abbozzata nel corso di un conflitto in finzione offensiva e modificata nell’altro con funzione difensiva. Un po’ questo e un po’ quello. Appunto. —

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