Un disegno per salutare papà Cristian

UDINE Un cuore rosso e un fiorellino stilizzato per salutare con un ti amo quello che per loro era “il paparone camomillo”. Il disegno delle gemelline di tre anni, figlie di Cristian Rossi, era appiccicato con lo scotch sulla bara di legno chiaro. È forse questa l’immagine più toccante della cerimonia d’addio all’imprenditore di 47 anni trucidato nell’agguato dei terroristi dell’Is a Dacca, in Bangladesh, dove hanno perso la vita altri 8 connazionali e 22 persone in tutto.
Un funerale in una Feletto blindata, quasi protetta da un cordone di volontari della protezione civile, alpini e polizia locale, al quale hanno partecipato centinaia di cittadini. Una commozione palpabile, straziante il dolore dei parenti più stretti, la moglie Stefania, sorretta dai congiunti, le tre sorelle di Rossi, i tanti nipoti che poi, dal pulpito, hanno ricordato la figura di quello zio giramondo sempre con il sorriso sulle labbra e mille storie avventurose in saccoccia.
Nell’attesa del carro funebre, arrivato dal municipio di Tavagnacco, dopo la chiusura della camera ardente, la folla si era radunata davanti alla chiesa di Sant’Antonio abate. Tra la gente una trentina di sindaci, la presidente della Regione Debora Serracchiani, senatori, deputati, consiglieri regionali e tanti amministratori. Due carabinieri in alta uniforme hanno portato la corona del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, i poliziotti hanno vegliato quella del premier Matteo Renzi.

E poi i fiori del governo del Bangladesh (c’era il console onorario Gianalberto Scarpa Basteri), quelli del Consiglio regionale del Fvg e tanti altri. In chiesa sulla bara è stata spiegata una bandiera tricolore ed è stata collocata una foto di Cristian sorridente, scelta dalla vedova.
È stato l’arcivescovo di Udine mons. Andrea Bruno Mazzocato a prendere la parola per l’omelia. Per l’arcivescovo Cristian è stato «crocifisso come Gesù, aggredito dalla stessa violenza cieca e malvagia». Dal celebrante nessun accenno a contrapposizioni di matrice religiosa, ma un accorato invito alla preghiera. «Ci restano solo le parole - ha detto il presule - che partendo dal cuore si trasformano in preghiera. Ma oggi è anche difficile far uscire parole di preghiera dai nostri cuori sconcertati e increduli di fronte a tanto male».
«Solo la preghiera può raggiungere il nostro Cristian ed è l’ultimo dono e l’ultimo aiuto che possiamo e vogliamo offrirgli. Cristian ha conosciuto, vittima di una violenza cieca e malvagia, la stessa angoscia che ha provato il Signore sulla croce. Era un uomo con un cuore profondamente buono, solare e generoso, innamorato della sua Stefania, affettuosissimo con le bambine e desideroso di portare un po’ di benessere a un popolo meno fortunato. Questa è l’ora di un oscuro dolore, dobbiamo opporci con coraggio a ogni forma di male». Al termine della messa hanno parlato due nipoti di Rossi in rappresentanza di tutti gli altri, figli delle sorelle dell’uomo.
«Caro zio ricordiamo il tuo ottimismo e la tua gioia di vivere», hanno detto dal pulpito. E ancora «ci hai insegnato che viaggiare apre la mente, che si può acquisire fiducia in se stessi, ci hai fatto capire come poterci aprire al mondo mettendoti in gioco in Paesi e con popoli lontani, ci hai ispirati in diverse scelte»... All’uscita dalla chiesa, con il sottofondo di una canzone dei Pink Floyd, l’applauso liberatorio della folla. E la moglie Stefania che da sola si è avvicinata al carro funebre e ha toccato il vetro con la mano, il capo chino e gli occhi fissi sulla bara di legno chiaro.
Ieri si sono celebrati altri funerali delle vittime di Dacca. E «come ha assicurato il presidente Mattarella - ha detto il premier Matteo Renzi -l’Italia non lascerà sole queste famiglie. Perchè noi siamo una famiglia di famiglie». Oggi sarà la volta di altre esequie in Fvg: la comunità di Cordovado darà l’ultimo saluto a Marco Tondat, l’altra vittima di Dacca che arrivava dal Fvg.
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