«Un mese in Colombia, poi ecco i nostri figli»

Una coppia che ha preso tre piccoli: «Ma a scuola pensavano che fossimo extracomunitari»

Le domande di adozione sono in calo ma il numero di bambini accolti in famiglia è ancora molto alto. E mentre le domande di adozione in regione così come nel resto d’Italia stanno calando, basta ascoltare alcune testimonianze per capire come non solo la crisi economica e l’incertezza nel futuro, ma anche le difficoltà dell’iter burocratico possano apparire come ostacoli insormontabili.

Una volta ottenuto il decreto di adottabilità, per la famiglia che sceglie l'adozione internazionale inizia un altro percorso fatto di lunghi e costosi viaggi in paesi lontani, come la Federazione Russa, la Colombia, il Brasile, l'Ucraina, dove risiedono la maggior parte dei minori dati in adozione. L'età media dei bambini è di solito alta, tra i 5 e i 9 anni. Un altro fattore assieme ai costi, che oscillano tra i 10 mila e i 25 mila euro, che ha reso il percorso di adozione sempre più difficile da intraprendere.

Martina aveva 28 anni quando con il marito ha scelto di fare la domanda di adozione. Per loro tutto è stato relativamente breve: «La domanda – spiega la donna – l'abbiamo depositata in Tribunale nel marzo del 2008, a luglio avevamo già concluso i colloqui con gli psicologi e a gennaio del 2009 abbiamo ottenuto il decreto di adottabilità». Tutto è diventato più complicato quando si è trattato di scegliere l'ente al quale affidarsi per la scelta del paese di origine dei bambini: «In regione – racconta ancora Martina – ci sono solo tre enti accreditati e avevano tutti le liste bloccate per l'ingresso di nuovi minori in Italia, quindi ci siamo rivolti a Trento. Noi volevamo adottare più bambini e a dicembre del 2009 siamo partiti per la Colombia dove siamo rimasti un mese».

I loro bambini oggi hanno 13, 8 e 6 anni. Non è stato facile, racconta Martina, spiegare loro che qui si parla un'altra lingua. Ma certo non era questo il problema: «Noi avevamo fatto un corso di spagnolo, piuttosto a scuola li trattavano come se fossero figli di genitori extracomunitari quando invece a casa si parlava tranquillamente l'italiano».

Francesca invece ha adottato una bambina della Federazione russa, pur avendo fatto anche la richiesta di adozione di un bambino italiano: «Ma le liste di attesa sono molto più lunghe – spiega – e i minori da adottare molto pochi. Una volta avuto il decreto, lo scoglio è stato scegliere l'ente. Volevamo un bambino in età prescolare, le liste spesso sono bloccate o si possono bloccare durante la richiesta di adozione. Poi abbiamo trovato una possibilità con la Federazione Russa. È stata per noi un'esperienza unica e un percorso psicologicamente importante». (i.gh.)

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