Un poema per curare le personali ferite del nazismo

Il tema è sempre quello che ne ha segnato profondamente l’infanzia, la Seconda guerra mondiale, che le ha tolto per due anni l’affetto del padre, ebreo, costretto a fuggire per evitare la persecuzione nazista, ma è cambiato l’approccio: più sereno, più disincantato, a tratti perfino ironico. “Per gentile concessione”, poema in versi di Zara Finzi, mantovana d’origine, bolognese d’adozione, una carriera lavorativa passata a Monfalcone come insegnante d’italiano e latino nelle scuole cittadine, volume presentato in Biblioteca per il decimo appuntamento de “Il Giovedì del libro”, è una sorta di liberazione interiore per l’autrice. La ferita, se non è chiusa, si sta rimarginando, il tormento lascia il posto alla serenità, e il distacco è rappresentato dall’uso della terza persona: con la sua speciale vena poetica, Zara racconta le vicende autobiografiche, la vita quotidiana in compagnia della madre dal 1943 al 1945, facendole narrare alla “bimba”, ovvero lei stessa piccina. Una bimba che in quegli anni immagazzina rumori, immagini, voci, sensazioni tattili, che ora affiorano in qualità di ricordi. Uno sguardo disincantato, quello della bimba, capace di descrivere il paracadutista come “l’ala bianca che scende dal cielo” o di intuire, non di riconoscere, il bombardamento, grazie agli “uccelli che si librano in volo”. Significativo che rispetto alle altre liriche precedenti, su tutte “La porta della notte”, la parola “dolore” compaia una volta soltanto. «Questo volume è un bubbone che emerge da solo – ha spiegato l’autrice – quasi un esempio di scrittura automatica. Prima non ero mai riuscita a trovare le parole per descrivere nel modo giusto il dramma che ho vissuto, si vede che era arrivato il momento. E’ la chiusura del cerchio”. A presentare il volume è stata la professoressa Paola Bendoricchio, che di Zara Finzi è stata allieva. Ad impreziosire la presentazione, la bravura della giovane lettrice Anastasia Devidè, che ha letto alcune liriche e il violinista estone Valev Laube.
Michele Neri
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