Un quadro triestino nella “Grande bellezza”

La tela di Gabriele Bonato compare nel film vincitore dell’Oscar: l’ha voluto Sabrina Ferilli

Quando le tessere di un puzzle smettono di fare i capricci, l’immagine, da frammentaria, inizia finalmente ad avere dei contorni ben delineati. Con pazienza, perseveranza, passione ma possibilmente anche con una piccola dose di fortuna elargita dalla buona sorte. «Essere nel posto giusto al momento giusto», questo in sintesi il felice risultato del sempreverde detto popolare che ha portato il dipinto del giovane pittore triestino Gabriele Bonato dritto dritto sul set del film “La grande bellezza” di Sorrentino.

Nei panni della dea bendata in questa storia c’è l’attrice Sabrina Ferilli, che dal salotto di casa sua ha voluto che “Energia soffio vitale” - questo il titolo del quadro, vincitore nel 2008 del Premio internazionale d’arte contemporanea “Terna” - l’opera di Gabriele, interpretasse se stessa. Vale a dire, esposta su una parete, nella scena della pellicola che ha da poco vinto l’Oscar, in cui l’attrice romana visita una galleria d’arte.

Dalla scenografia alla realtà, poiché è proprio in una galleria d’arte di Trieste, e cioè La Colomba in via Santa Caterina dove l’allora sconosciuto Gabriele era riuscito a ottenere uno spazio per esporre una delle sue visionarie tele, che lo stesszo Bonato ha conosciuto nel 2006 Sabrina Ferilli, impegnata in uno spettacolo teatrale al Politeama Rossetti.

La popolare attrice è diventata fin da subito una fan dei suoi dipinti – ne possiede infatti diversi – e ha deciso pure tout court che Bonato è “il nuovo Caravaggio”. I lavori figurativo surreali dell’artista colpiscono infatti per l’intensa carica mistica e simbolica che sprigionano. Come appunto in “Energia soffio vitale”, il lavoro dove le due lampadine, legate tra loro da una sorta di cordone ombelicale primordiale, si trasmettono la luce che spazza via l’oscurità. Una metafora che nel caso cinematografico calzava a pennello con la decadenza della fatua società romana rappresentata nel film di Paolo Sorrentino.

«In verità che il mio quadro fosse finito nel film l’ho saputo da alcuni amici per caso. La signora Ferilli, donna di grande generosità e semplicità, con la quale negli anni ho mantenuto un rapporto d’amicizia, crede molto nelle mie potenzialità artistiche e ha voluto fare un gesto concreto per promuovere il mio lavoro», racconta Gabriele, che grazie all’appoggio di mecenati triestini, negli ultimi anni ha esposto le sue tele in Italia e all’estero, partecipando a prestigiose rassegne internazionali, quali Artefiera di Bologna, Artissima di Torino, Villa Manin, Chelsea Art Museum di New York, Palazzo Collicola a Spoleto. Come pure alla galleria Friedrichshohe di Berlino e nel 2012 a Trieste, all’interno della mostra collettiva “Il fuoco della natura” nel Salone degli Incanti.

Alcuni quadri di “Gabriele, il nuovo Caravaggio”, come lo chiama la sua protettrice, ora tra le punte di diamante della Nuova Galleria Morone di Milano, sono sotto gli occhi dei parrocchiani della chiesa di Sant’Apollinare a San Giusto. I frati di Montuzza, infatti, anni fa avevano commissionato dei dipinti a tema religioso per aiutare il promettente pittore. Poiché si sa, per un artista, la strada verso il successo è raramente lastricata di soddisfazioni economiche.

Patrizia Piccione

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